Un folto numero di sismologi dell’epoca, compreso Mercalli, classificò il sisma messano-calabro del 1908 quale il più catastrofico di tutti i tempi. Basandosi sulle testimonianze dei superstiti e sui danni alle case, constatò che il sisma ebbe anche un effetto rotatorio. Entrambe le affermazioni furono puntualmente smentite dal prof. Rizzo, responsabile dell’Osservatorio Geodinamico di Messina, dal prof. Omori, famoso geodeta dell’Università Imperiale di Tokyo, dall’ingegnere francese Flament-Hennebique, dall’ingegnere romano Calderini, dagli ingegneri messinesi Giunta e Papa, di cui si parlerà più avanti.
Il nuovo volto degli studi sismici
Anche i cittadini superstiti non avvertirono la scossa come una fra le più violente degli ultimi anni. Proprio in seguito al terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, illustri scienziati cominciarono a giudicare un cataclisma dai movimenti del suolo e del sottosuolo, non solo dal numero delle vittime e dei danni provocati alle case.
Bisognava perciò mettere da parte la scala sismica del buon Mercalli, ragionare con l’ausilio degli strumenti meccanografici e la rilevazione delle crepe del suolo, delle frane, delle faglie, degli sprofondamenti.
Rizzo rilevò la direzione del movimento dallo spostamento della torretta dell’Osservatorio. La torre, di sezione ottagonale, era sorretta da quattro robusti archi di muratura armata con cerchioni e tiranti in ferro. L’altezza di questa torre era apparentemente ingiustificata, visto che serviva solo a sorreggere l’antenna sulla quale scorreva il pallone segnalatore del mezzogiorno e le coppe dell’anemometro di Robinson. Con il terremoto, l’estremità della torre oscillò in direzione NNE-SSW (nord-nordest/sud-sudovest) e cadde a piombo sulle sue stesse fondamenta.
Lo strumento dei passaggi dell’Osservatorio, posto nel giardino della struttura, semplicemente appoggiato su un disco di marmo e un pilastro di cemento del diametro di un metro, cadde nella stessa direzione.
Nei giorni precedenti il terremoto, Rizzo e i suoi assistenti dell’Osservatorio stavano lavorando per dotare il pendolo verticale, detto «di Agamennone», di uno smorzatore utile a resistere a scosse più violente e per aggiungere un pendolo astatico di Wiechert e una coppia di pendoli orizzontali di Mainka. Quindi l’unico strumento in funzione al momento della prima scossa fu solo il sismografo Vicentini. Dalle sue registrazioni Rizzo ricavò le seguenti conclusioni: all’inizio ci fu un movimento oscillatorio in direzione NNE-SSW, con primo impulso NNE; seguì una seconda oscillazione in direzione ESE-WNW; si verificarono infine altre vibrazioni «più forti e più disastrose» in direzione NNE-SSW. Inoltre, aggiunse: «il primo impulso ebbe anche una componente verticale, la quale, secondo ogni probabilità, fu diretta dall’alto verso il basso». Uno sprofondamento dunque. Quest’ultima versione, però, probabilmente viziata dalle testimonianze dei superstiti abitanti al centro della città, fu ritrattata dal prof. Rizzo in un suo successivo studio, dove affermò che la spinta del terremoto fu contraria, dal basso verso l’alto.
Il movimento sismico di Messina non superò il valore massimo dell’accelerazione di gravità
Riguardo all’accelerazione del movimento, Rizzo ritenne, contrariamente a qualche altro sismologo, che l’accelerazione del movimento sismico non superò il valore massimo dell’accelerazione di gravità. Infatti, nessun oggetto poggiante sul terreno fu proiettato in alto e in linea verticale contro l’azione di gravità, come dimostravano lo spostamento solo orizzontale dello strumento dei passaggi dell’Osservatorio e una relazione del prof. Vittorio Martinetti della Regia Università che vide «un pesante comodino da notte camminare sul pavimento con brevi e rapidi salti nella direzione da SSW a NNE; e, nella sua anticamera, trovò poi che un attaccapanni a colonna, sorretto a tre piedi, si era spostato nella medesima direzione senza rovesciarsi».
Tra le macerie di via Primo Settembre, all’angolo dell’isola Giuliano e Piazza Stazione, dove si trovava un caffè, fu fatta l’insolita scoperta di un cadavere di un uomo, un viaggiatore «perfettamente coperto da un cappotto col bavero rialzato». La conseguenza logica che l’osservatore in questione, l’ingegnere Vianisi, trasse da quest’esperienza, fu la seguente: «se vi fossero state due scosse, la prima senza conseguenza e la seconda rovinosa è presumibile che il detto viaggiatore avrebbe preso il largo». Quindi, o il viaggiatore sottovalutò la prima scossa o fu colpito da un malore, visto che il suo corpo non fu minimamente scomposto. L’ingegnere distinse tre scosse, tutte sussultorie: le prime due, interrotte da una pausa brevissima, ebbero una durata di quindici secondi circa e non causarono alcun danno. L’ultima scossa durò dieci secondi ma fu micidiale e la principale causa della morte di migliaia di persone.
A parte le osservazioni curiose ed empiriche, il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 decretò l’inizio di una nuova era sia nel campo degli studi sismologici che in quello delle tecniche costruttive urbane.
L’impressione generale che abbiamo tratto dalle testimonianze raccolte, è la seguente: chi abitava fuori città e in spazi aperti avvertì, durante il verificarsi del terremoto, un boato profondo e una sensazione d’innalzamento del suolo. In città il rombo sismico fu coperto dal fragore della caduta repentina e collettiva degli edifici, mentre la sensazione di sprofondamento, accentuato dall’elevazione delle case, fu una conseguenza dell’innalzamento e di un subitaneo abbassamento del suolo.
In città fu colta una somiglianza tra questo strano «ruggito» e quello verificatosi qualche decennio prima come conseguenza dello scoppio di un magazzino di materiale esplosivo al Miglio, a breve distanza da Messina.
Riportiamo alcune foto scattate pochi giorni dopo il terremoto del 1908, in cui si notano gli interni delle case rimasti intatti, con tutti gli oggetti, mobili, quadri e suppellettili al loro posto.
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(1) Tratto dal libro di Dario De Pasquale “LE MANI SU MESSINA prima e dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. Giochi di potere, politica, malaffare, potentati locali, rapporti con il governo italiano e resoconto a 100 anni di distanza.”, [2006].
(2) D. De Pasquale, I Marchesi di Cassibile, ABC Sikelia Ed., 2018
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