E dopo il terremoto del 1908, cosa accadde?

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RITORNO ALLO STATU QUO ANTE

Il terremoto, con i ritardi e le inefficienze della macchina governativa, gli aiuti esteri malgestiti, le malversazioni, le ruberie, acuì la sensazione di tradimento dell’idea di Nazione e aumentò il distacco tra le élites politiche e il resto della popolazione. A ricucire lo strappo, in Sicilia, fu l’intervento della classe intellettuale, degli oppositori democratici, degli imprenditori illuminati che trovarono nuovi spazi politici, facendosi interpreti delle classi più umili. Fu un percorso difficile, costellato d’omicidi e ostacoli di varie entità. 

Il fenomeno italiano che prese il nome di “popolarismo” fu la vera spina nel fianco del governo Giolitti e di tutti quelli successivi. Ebbe fine solo con il fascismo, ma a Messina era stato reso inoffensivo, già da alcuni anni, da uno strategico e camaleontico trasformismo. 

La classe politica messinese decimata

Il terremoto non risparmiò nessuno e anche gli onorevoli Arigò, Orioles, Perroni Paladini e Niccolò Fulci rimasero sepolti sotto le macerie, insieme agli assessori Felice Minoliti, Ludovico Monforte, Giacomo Natoli, Francesco Visalli, Emanuele Melita, gli assessori supplenti Gregorio Pulejo e Giuseppe Pulejo Fulci, i consiglieri comunali d’opposizione Noè e Petrina.

Uscirono illesi dalle proprie mura di casa il sindaco Gaetano D’Arrigo e gli assessori Gaetano De Pasquale, Giovanni Pulejo, Amilcare Martinez e gli assessori supplenti Carlo Palermo e Ferdinando Stagno D’Alcontres. Fra le rovine della sua abitazione di via Due Argentieri, fu trovato l’ex sindaco avv. Paolo Spadaro che, gravemente ferito, morì il giorno dopo la terribile scossa. 

Nel nome di Giolitti

Come già precedentemente asserito, con la nascita dello Stato unitario si assisté alla presa della città da parte dei monarchici, protetti dal Re, dalle forze militari e dalla Chiesa. L’opposizione fu garantita dai democratici, gli ex rivoluzionari del ’48 e gli ex garibaldini distintisi nelle battaglie del ’60 e del ’66. Fra questi ultimi, alcuni continuarono a combattere gli abusi, battendosi a spada tratta nei consigli comunali e provinciali, altri abbandonarono per stanchezza o per delusione, altri ancora passarono con la fazione avversaria. 

A svolgere un importante compito di coesione tra la parte conservatrice e la parte progressista furono le parentele di sangue e di ideali: le reti familiari e la massoneria. 

Buona parte dei repubblicani risorgimentali morì verso la fine del secolo XIX, lasciando una pesante eredità nelle mani delle nuove leve: Papa, De Leo, Noè, Petrina, Lo Sardo, Toscano, Pulejo, Martino. Gli ultimi due, al fine di tutelare la loro partecipazione alle attività economiche della città, delegarono agli altri le istanze socialiste e radicali e si spostarono verso l’area conservatrice dei monarchici e dei cattolici, scontrandosi con la massoneria, che aveva fatto dell’anticlericalismo una potente arma politica. Accadeva quello che era accaduto nel resto d’Europa già da due decenni: la nascita dei partiti socialisti toglieva ai democratici la rappresentanza dei ceti popolari e li spingeva sempre più verso il centro. 

A completare il quadro della scena politica messinese, ricordiamo anche i fratelli Niccolò e Ludovico Fulci, abili figure politiche di centro che trovarono consensi fra i monarchici, i liberali, i ministeriali, i socialisti riformisti e massimalisti. Aiutarono Giolitti nella realizzazione del suo programma politico di vasto respiro, volto a unire le due estremità politiche dei monarchico-liberali e dei progressisti. 

Il vero ago della bilancia, nei primi anni del ’900, in verità, furono i cattolici, i quali contribuirono al rafforzamento dell’area conservatrice. 

Questo sistema resistette fino allo scoppio della prima guerra mondiale, dopo la quale, gli equilibri politici cambiarono a favore del partito socialista e del partito popolare. 

Il primo consiglio comunale post-terremoto

In data 13 marzo 1909, il Commissario Straordinario comunale Nicola De Bernardis convocò il primo consiglio comunale post-terremoto, ma nessuno dei consiglieri si presentò all’appello, se non il giorno dopo, nel numero di diciotto. In quella stessa data fu revocato lo stato d’assedio e il tenente generale Francesco Mazza fu spogliato dei suoi poteri di Commissario Straordinario Generale. Fra tutti gli ex assessori, solo Gaetano De Pasquale e Carlo Palermo presentarono le dimissioni e la nuova giunta fu composta da un totale d’otto assessori d’indirizzo repubblicano e liberale.

Da quel momento in poi, la nuova amministrazione comunale fu impegnata nella ricostruzione della città, stringendo accordi con il Genio Civile e cercando di convogliare gli aiuti esteri. Nel mese di luglio la giunta si dimise e il 1 agosto 1909 arrivò in città il commissario straordinario Alessandro Salvadori che governò fino al 6 giugno 1913. 

Giolitti eletto a Messina

Le vicende politiche che seguirono furono caratterizzate dalla presenza dei liberali, fino alle elezioni del 1913, le prime a suffragio universale, doveroso passaggio verso un parlamento più rappresentativo e azione rientrante nel programma giolittiano di mantenimento del peso del partito liberale. La mancanza di capi rappresentativi di fazioni politiche a suo favore, spinse Giolitti a candidarsi personalmente a Messina, per ben due volte. Nonostante il forte risentimento popolare, le elezioni dettero ragione allo statista di Dronero. Il partito dei grandi elettori, di cianciafariana memoria, non aveva ancora esaurito le sue forze e le sue funzioni! 

Ricordiamo che, prima del 1913, le elezioni politiche avvenivano praticamente senza alcuna competizione: il candidato aveva i suoi pochi ma fidati sottoscrittori e li contattava inviando loro una lettera o incontrandoli di persona nel retro di qualche farmacia, per «organizzare» le elezioni. 

Politici senza competizione

Nella maggior parte dei casi bastavano poco più di cinquanta voti per vincere in un collegio ed entrare nel «partito della maggioranza».

In Sicilia, i politici “senza competizione” erano i già noti Napoleone Colajanni per il collegio di Castrogiovanni, De Felice Giuffrida per il collegio di Catania, Francesco Crispi a Palermo III, Antonio Di Rudinì a Caccamo, Nunzio Nasi a Trapani, Ignazio Fili-Astolfone a Girgenti, Filippo Nicastro-Ventura a Ragusa Superiore.

E per la provincia di Messina: Ugo di Sant’Onofrio del Castillo a Castroreale (dalla XVIII alla XXI legislatura), Domenico Sciacca della Scala a Patti (XVIII, XIX, XXI legislatura), Silvestro Picardi a Messina (dalla XVIII alla XXI legislatura). 

Era un sistema riconosciuto e applicato da tutti i candidati di tutte le regioni italiane e la parola d’ordine era: appoggiare il governo e seguire la maggioranza. 

Il nuovo sindaco di Messina: Giovan Silvestro Pulejo

Il nuovo sindaco di Messina, eletto il 6 giugno 1913 con le prime elezioni regolari dopo il terremoto, fu l’imprenditore Giovan Silvestro Pulejo. Questi si circondò di una giunta composita dove, in qualità d’assessore supplente, risultava anche il repubblicano Riccardo Hopkins jr. 

Da quella data in poi, la vita politica della città fu sempre più caratterizzata dalla presenza d’ingegneri e d’imprenditori. I primi, a capo di società operaie di mutuo soccorso, raccoglievano il consenso elettorale intorno al loro candidato, solitamente un capitano d’industria o un commerciante; i secondi cercavano di abbassare i toni delle rivendicazioni operaie vantando tendenze liberiste e populiste ispirate all’industriale inglese Owen.

L’ingegnere messinese Antonino De Leo, ad esempio, presidente del collegio degli ingegneri e degli agronomi di Messina e membro della Società operaia insieme al collega ing. Giuseppe Papa, appoggiò la candidatura popolare dell’imprenditore molitorio Pulejo.

Dall’altra parte, tornò a farsi sentire il blocco monarchico-clerico-liberale (quello che prima del terremoto faceva capo agli avvocati Perrone-Paladini, Buscemi, Faranda, Martinez, Orioles e Arigò), sostenuto adesso dagli industriali Ainis, Battaglia, Peirce e Sarauw, e rappresentato dall’ex socialista avv. Domenico Faucello e dagli ex repubblicani ed ex massoni ing. Luigi Lombardo e avv. Antonino Martino, riuniti nel gruppo politico Pro Messina. 

L’avv. Ludovico Fulci, vecchia spalla di Giolitti, trascurato per l’ennesima volta dai ministeriali, trovò rifugio presso il gruppo dei popolari, indebolito dalle secessioni dei socialisti Toscano e Lo Sardo. Toscano, feroce sindacalista, era riuscito a portare dalla sua parte l’industriale Battaglia e ad avere il suo apporto economico in cambio di pacificazioni sindacali. 

Fine della giunta dei popolari e l’arrivo del fascismo a Messina

La “giunta dei popolari” di Pulejo durò poco, messa in seria difficoltà dai risultati delle elezioni politiche del 26 ottobre 1913. Il 3 novembre la città venne nuovamente commissariata e il 1 agosto 1914 il nuovo consiglio comunale elesse sindaco Antonino Martino, sancendo così la vittoria dei clerico-liberali. Ma l’avvocato Martino non ebbe vita facile e la sua giunta, colpita da frequenti dimissioni, dovette accogliere anche elementi appartenenti al gruppo democratico e popolare come Temistocle Martines, Augusto Bette e Riccardo Hopkins jr. 

Il 31 ottobre 1920 seguì un altro anno di commissariamento e l’elezione dell’avv. Giuseppe Oliva a nuovo sindaco. 

Dopo neanche tre anni, nel febbraio del 1923, la giunta Oliva dichiarava le proprie dimissioni nelle mani di un «nuovo Governo sorto dalle profonde ragioni della vittoria», nel vivo di una collaborazione «con le giovani forze espresse dal suo spirito restauratore» e a favore della «fusione di tutte le forze nazionali sinceramente operanti». 

Nel nome della «sovrana volontà popolare», il sindaco Oliva consegnava Messina al governo fascista che tanta voce ebbe nel capitolo della ricostruzione della città.


INDICE

Cap.1: 28 dicembre 1908: storia di una tragedia annunciata

Cap. 2: Storia di un superstite del terremoto di Messina: Antonio Barreca

Cap. 3: Messina 1908: “quale spettacolo terrificante!”

Cap. 4: Storia del primo telegramma che rese noto il terremoto di Messina al resto del mondo.

Cap. 5: Da “via del Corso” a “Corso Cavour”, Messina com’era

Cap. 6: 1 aprile 1867: è tempo di cambiare

Cap. 7: Messina? Già cancellata prima del terremoto

Cap. 8: Le mani sulla città

Cap. 9: Un intellettuale dissidente a Messina: Riccardo Hopkins

Cap. 10: Il dramma delle alluvioni a Messina

Cap. 11: Le acque messinesi nelle mani dei privati

Cap. 12: Arriva il re!

Cap. 13: Le piaghe di Messina

Cap. 14: Messina alle soglie di un governo liberale

Cap. 15: Il potere dei palazzi

Cap. 16: Ottocento borghese: le mani su Messina

Cap. 17: Trasformismo “alla messinese”

Cap. 18: La Voce di Gaetano Salvemini a Messina

Cap. 19: L’acqua: da risorsa naturale a strumento di potere

Cap. 20: Il giorno dopo il terremoto: i soccorsi russi e inglesi

Cap. 21: Il Re e la Regina a Messina a due giorni dal terremoto

Cap. 22: Quando Messina era amata in tutto il mondo: la solidarietà internazionale post-terremoto.

Cap. 23: Cronache (distorte) dal terremoto di Messina

Cap. 24: Lo stato d’assedio durante il terremoto di Messina

Cap. 25: Cronache (distorte) dal terremoto di Messina

Cap. 26: Storie del terremoto di Messina raccontate dai giornali dell’epoca

Cap. 27: Lo smistamento dei superstiti del terremoto di Messina

Cap. 28: Tutta la verità sulle 80.000 vittime del terremoto del 28 dicembre 1908

Cap. 29: Scale sismiche e sistemi di registrazione meccanografici dell’800

Cap. 30: Le tre scosse di quel mattino del 28 dicembre 1908

Cap. 31: Studiosi fra le rovine

Cap. 32: Come erano costruiti gli edifici a Messina prima del terremoto?

Cap. 33: E dopo il terremoto del 1908, cosa accadde?


(1) Tratto dal libro “LE MANI SU MESSINA prima e dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. Giochi di potere, politica, malaffare, potentati locali, rapporti con il governo italiano e resoconto a 100 anni di distanza.”, di Dario De Pasquale, Messina 2006.

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