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Grazie alla sua grande abilità diplomatiche, al suo carisma e alla sua lungimiranza, il re dei Franchi Carlo Magno, in circa cinquant’anni di regno (768-814) riuscì a restaurare il potere imperiale a tre secoli di distanza dalla fine dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.). Ma la sua idea di unità lo portò a stringere un patto con la Chiesa romana. Fu così che, la notte di Natale dell’800, si fece incoronare imperatore, inginocchiandosi di fronte a papa Leone III. Il fatto destò enorme rilevanza per l’assetto politico-religioso dell’Europa medievale e decretò l’ascesa del Cristianesimo. La Chiesa di Roma, infatti, intervenne di diritto in ogni occasione di un riconoscimento del potere politico. La figura di Dio diventò superiore ad ogni autorità e il pensiero religioso permeò sia l’esercizio del potere temporale sia la quotidianità della vita.
Furono affinati gli strumenti per combattere l’eresia e tutte le religioni estranee a quella cristiana. Non solo: fu assicurato il primato della Chiesa di Occidente e delle Sacre Scritture.
Tuttavia, negli scriptoria dei monasteri furono mantenuti anche i testi del mondo classico, nonostante le inevitabili censure compiute nel corso dei secoli a sostegno della morale cristiana.


La nascita delle universitates medievali, fra economia, cultura, territorio

Allo scopo di ridurre anche le aree non cristiane, fu portata la lotta agli infedeli: papa Urbano II convinse numerosi sovrani, cavalieri e tutti i cristiani disposti a combattere a recarsi a Gerusalemme per occupare la Terra Santa. Contestualmente, in Europa, si andavano formando solidi regni destinati a diventare le odierne nazioni. Ogni re, a capo del suo esercito, consolidava i confini del proprio territorio, applicava il patto di fede medievale con i suoi vassalli, delegando alcuni suoi poteri. All’interno del proprio feudo, il signore si comportava come il re: delegava i propri poteri ai suoi vassalli, cercava di consolidare le proprie risorse favorendo la costituzione di centri abitati (licentia populandi).

Il centro abitato, detto universitas, trovava una sua conformazione grazie all’operosità dei suoi abitanti e all’organizzazione del lavoro: artigiani, operai, liberi professionisti, mercanti, commercianti cominciarono a trovare una precisa collocazione nella struttura urbana nascente. Proprio dall’iniziativa imprenditoriale, dopo quella culturale (legata ai circuiti monasteriali) e quella militare (legata al controllo del territorio), nasceva la necessità di orientarsi durante i viaggi, soprattutto fra l’Europa e l’Oriente.

Le prime mappe per orientarsi (IV-VII sec.)

I monaci già conoscevano le mappe ereditate dagli antichi Greci e Romani, tuttavia la loro scientificità dovette soccombere di fronte alle esigenze clericali. Non tutte: una tradizione laica si appellò al metodo del grammatico romano Macrobio (385-430), mentre il teologo Paolo Orosio (375-420) e l’arcivescovo Isidoro di Siviglia (560-636) adattarono le mappe al testo biblico.
Quasi tutte le pratiche scientifiche durante il Medioevo erano state abbandonate e i primi monaci non sapevano come replicare le antiche mappe romane, non avendone gli strumenti. Il primo riferimento fu Macrobio, il quale si faceva portatore della teoria del cartografo greco Cratete di Mallo: terra sferica e divisa in cinque fasce climatiche diverse, di cui due, le più estreme, non popolate perché troppo glaciali. Alla fine, questa teoria doveva scontrarsi con i dogmi cristiani: nessuna terra poteva essere priva di discendenti di Adamo.
Fu Orosio, quale discepolo di Sant’Agostino, che cercò di conciliare la mappatura romana con il credo cristiano, immaginando una terra circondata dall’oceano e frammentata al suo interno per via del passaggio di grandi corsi d’acqua marina. La struttura così determinata si conciliava con la tripartizione dei tre grandi blocchi terrestri individuati come Europa, Asia e Africa popolati dai discendenti di Noè. Probabilmente, la sua mappa (oggi conservata come Mappa mundi di Hereford e come Mappa mundi anglosassone o cottoniana) deriva dall’Orbis pictus di Agrippa.

Orosio, insieme a Plinio il Vecchio, Lucrezio, Boezio, Cassiodoro, influenzò Isidoro di Siviglia nella definizione delle nuove mappe del mondo, secondo uno schema che diventerà un classico nella storia delle mappe mondiali: l’orbis terrae o T-O. In pratica, la mappa di Orosio fu semplificata e la centralità del mar Mediterraneo portò a concepire una visione grafica di una O (il mondo) attraversato da una T (il Mediterraneo costituiva l’asse verticale, mentre il Nilo, i Dardanelli e il Mar Nero erano posti sull’asse orizzontale). L’Asia veniva collocata al nord pur costituendo l’Oriente, l’Europa in basso a sinistra e l’Africa in basso a destra.

Mappa mundi T-O (orbis terrae, X secolo)

Le mappe ai tempi di Carlo Magno

Nell’Alto medioevo presero larga diffusione anche le mappe create dal monaco benedettino Beato di Liebana (Cantabria, Spagna, VIII secolo). Il punto di partenza era la mappa orosiana e l’elaborazione grafica era isidoriana, ma il Beato aggiunse una quarta terra, utile per orientarsi in terre diverse fra quelle contemplate nella tripartizione. Questa impostazione fu utilissima per le future mappe di transizione. La cartografia monastica finì per arricchire le mappe di argomenti biblici, facendo delle stesse degli elementi simbolici. Bisognò arrivare alle scuole e alle biblioteche carolinge (nate intorno ai monasteri e alle cattedrali) per avere del personale docente completamente dedicato allo sviluppo cartografico a fini didattici. La geografia e la storia andavano di paripasso ed erano incluse nella parte scientifica del quadrivio (musica, aritmetica, geometria, astronomia). Questo approccio empirico portò gli autori a prendere in considerazione le dettagliate mappe romane giacenti in qualche scriptorium, arricchendole di numerosi toponimi e per questo ultimo motivo fu necessario accrescerle di dimensione. Le mappe di questa fase del Medioevo cominciarono a prendere la seguente conformazione: tonde, ovali o a mandorla (a ricordo dell’arca di Noè), Gerusalemme al centro, Gesù a oriente, una striscia rossa per indicare il Mar Rosso. Inoltre, la crescita dei viaggi e delle cronache portò a un ulteriore arricchimento delle mappe, in termine di nomi di popolazioni, di terre e corsi d’acqua ancora non conosciuti. Queste mappe, appese anche nei conventi e nelle chiese, fornivano un’esperienza più forte della conoscenza del mondo quale complessa opera divina. A questo punto, era normale trovare le grandi città storiche come la già citata Gerusalemme, Roma, Costantinopoli e Antiochia, come le nuove città commerciali: Venezia, Genova, Bruges. Il Medioevo era anche un periodo dove il fantastico viaggiava insieme all’empirico, per questo nelle mappe medievali non mancavano mostri e personaggi di fantasia (pensiamo ai giganti biblici Gog e Magog e agli unicorni di Solino, scrittore del III sec. d.C.).

Le mappe del Basso Evo: l’Atlante Catalano

Il Polychronicon del monaco benedettino Ranulf Higden (1280-1364 circa) non era solo una mappa del mondo, ma anche una storia universale del mondo cristiano, dalla Creazione fino ai giorni di Ranulf. Il tentativo di rappresentazione del mondo di Higden fu molto imitato anche nel secolo successivo. C’è da dire che Gerusalemme e Roma in questa mappa non rivestono più una posizione dominante, ma si configurano come grandi città medievali. In quegli stessi anni, un cartografo genovese di nome Petrus Vesconte utilizzò le proprie conoscenze sui portolani per realizzare una mappa realistica e utile per i naviganti. La Mappa mundi di Vesconte (1320) fu commissionata dal viaggiatore veneziano Marin Sanudo il Vecchio per illustrare il Liber secretorum fidelium Crucis in occasione di una crociata in Terra Santa. Era l’epoca dell’elaborazione di carte graficamente raffinate ed esteticamente curate da sottoporre ai regnanti (come i cartografi maiorchini Abraham e Jehuda Cresques con il sovrano Carlo VI di Francia): il risultato fu l’Atlante Catalano (1375 ca.), una mappa aggiornata con le conquiste compiute dalla Corona d’Aragona e i viaggi compiuti in Oriente da Marco Polo.

Atlante Catalano di Abraham Cresques, 1375 ca. – Bibliothèque Nationale de France

La mappa di Hereford

Mappa Mundi di Hereford (XIII sec.), presso Cattedrale di Hereford, Inghilterra.

Una delle mappe medievali più curate e definite è quella di Hereford (1285). La mappa di tipo T-O, disposta su una pergamena di 1,59 x 1,34 cm, riporta il nome del canonico Riccardo di Haldingham e Lafford, quale autore. Essa appariva su un muro della cattedrale di Hereford e, nel 1855, fu trasportata al British Museum. Nata come mappa didattica, era sovrastata dalla figura di un Cristo collocato sull’Eden e origine di ogni corso d’acqua terrestre. Si riportano brani tratti dalla Bibbia e notizie storiche che spiegano tutta la parte grafica.

La mappa di Ebstorf

Mappa mundi di Ebstorf (XIII secolo)

La mappa di Ebstorf (XIII secolo, attribuita a Gervasio da Tilbury) è stata rinvenuta presso il monastero omonimo della Bassa Sassonia. Essa è molto precisa riguardo i contorni della Germania settentrionale, ma molto meno riguardo le altre aree territoriali. Tuttavia, era molto indicativa riguardo le vie maggiori, corsi d’acqua, città, caratteristiche dei popoli che li abitavano. L’impostazione è cristologica, con Gerusalemme umbilicus mundi e una Sicilia rappresentata a forma di cuore. Alta è la varietà di mostri e trogloditi che popolano questa mappa: sono presenti  Gogh e Magog, i mostri presenti anche nella Bibbia, simbolo del male sempre in agguato e che, probabilmente, ai tempi della realizzazione della mappa, coincidevano con la popolazione mongola, molto aggressiva.

Solitamente, le mappe medievali confondevano rigore scientifico e rappresentazioni fantastiche del mondo. Si trattava della visione medievale, divisa com’era fra l’incertezza del futuro, la paura dell’ignoto, dei peccati e dell’Inferno e l’intervento miracoloso di Dio. Anche Il Milione di Marco Polo, libro di viaggi dettato dal suo autore a Rustichello di Pisa nel 1298, contiene verità e fantasia.

Una delle prime mappe medievali laiche: la fine del Medioevo

Nel XV secolo, un ex commerciante diventato frate, Fra Mauro, fu incaricato non solo dalla sua compagnia camaldolese ma anche dalla corte portoghese del re Alfonso V (1432-1481) di realizzare una mappa completa del mondo.

Mappa Mundi di Fra Mauro, 1448, Biblioteca Marciana, Venezia.

Fra Mauro mise in moto una macchina complessa fatta di informatori, viaggiatori a vario titolo, esploratori appositamente mandati ai quattro angoli del mondo per riportare informazioni nuove utili ad arricchire storicamente e geograficamente la nuova mappa mondiale. Grazie all’opera metodologica e scientifica di questo frate, la nuova mappa mundi circolare riuscì ad accogliere una gran parte del mondo laico che nelle mappe precedenti mancava. Basta dire che tutte le figure fantastiche, così come l’Eden e Gerusalemme, furono tutte decentrate e ridotte ai margini della nuova mappa mauriana.

Nuove esperienze scientifiche in campo cartografico vennero compiute dai tedeschi, in particolare da Andreas Walsperger (1448), che utilizzò gli studi sulla latitudine, la longitudine e le zone climatiche che furono di Tolomeo. Una particolarità di questa mappa era la differenza di colorazione delle aree caratterizzanti le città: il colore rosso indicava quelle cristiane e quello nero indicava le islamiche.

Mappa mundi di Andreas Walsperger (1448) – Biblioteca Apostolica Vaticana
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