Paul Klee, il bimbo dagli occhi a raggi X

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Fantasia fanciullesca si intreccia con la cruda realtà, figure stilizzate che sembrano provenire dalla preistoria si arricchiscono di contesti geometrici elaborati e di colori accesi. Come nell’Adventure Ship del 1927 (tecnica mista su cartone, Pinakothek der Moderne, Monaco), a mio parere il manifesto emblematico della pittura di Paul Klee: così simbolica, semplice, quasi medievale e al contempo, così moderna, spettrale, evocativa di ricordi, terre e popoli lontani. Una nave ai raggi X, come la vedrebbe un bimbo.

Paul Klee (1879-1940) 

Nasce nel piccolo comune di Münchenbuchsee presso Berna, il 18 dicembre 1879, anno in cui la sua famiglia si trasferisce nella capitale svizzera. Figlio d’arte, il padre è un professore di musica la madre una cantante, Paul eccelle anche in campo musicale come violinista. 

Raggiunta la pubertà, frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Monaco di Baviera dove entra a contatto con il mondo Jugendstil e con Klimt. Nel 1905 Klee è a Parigi, la capitale europea dell’arte e della cultura, dove s’immerge nella visione retinica degli impressionisti, ma anche dove conosce personaggi emergenti  come Kandinskij, con cui fonda il gruppo del Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro).

Nel 1914 compie un viaggio in Africa che gli desta enormi impressioni a livello coloristico, tanto da prediligere da quel momento in poi le tonalità calde e color sabbia: “Questo è il momento più felice della mia vita….il colore e io siamo una cosa sola: sono pittore“.

Paul Klee, Wunderbarre Landing, 1920

Lo notiamo in Wunderbare Landing, un dipinto del 1920, in cui la regolarità geometrica di un fabbricato e dell’anonimo paesaggio assolato, viene spezzata dalla prua devastante di una nave. A ben guardare, un’enorme Arca di Noè targata “112”. Annotava Klee nel suo diario del 1918: “La tempesta sul campo di grano è stata accattivante: dipingerò una nave che solca le onde della segale“. Un progetto grafico innovativo e di grande intensità, in cui la realtà si scontra con la fantasia. Figure di esseri umani guardano con ineluttabile rassegnazione la scena.

Allo scoppio della prima guerra mondiale Paul è costretto a partire per il fronte e, nonostante le difficoltà, continua a dipingere e a scrivere. Il suo libro La confessione creatrice (1920) darà le basi per i suoi corsi di teoria della forma e teoria del colore al Bauhaus di Weimar. Nell’esporre il suo pensiero in forma teorica, diventa così serio e compassato che i suoi alunni lo soprannominano “il Budda”.

Dopo l’esperienza di Weimar, continua ad insegnare presso l’Accademia di Düsseldorf, dove diviene oggetto dell’epurazione nazista nel 1933: la sua arte, infatti, alla pari di molti altri artisti dell’epoca, viene considerata “degenerata”.

Abbandonata la Germania, si ristabilisce in Svizzera, dove convive con numerosi problemi di salute. Muore a Muralto, una località nei pressi di Locarno, il 29 giugno del 1940.

Il Zentrum Paul Klee di Berna raccoglie le sue opere, più di quattromila, nonché locali dedicati allo studio dell’arte e alle esposizioni. Il centro è opera dell’architetto italiano Renzo Piano (2005) e rispetta l’impronta stilistica di Klee con i suoi elementi in legno chiaro e le grandi finestre.

Adamo e la piccola Eva (1921), acquarello e ricalco d’ inchiostro, custodita al Metropolitan Museum of Art, New York. Nell’arte figurativa di Klee emerge la ricerca del contrasto: i progenitori dell’umanità sono rappresentati come una sorta di marionette, pupi per i bambini, in cui Adamo ha fattezze di uomo adulto e baffuto, mentre Eva di bimba inconsapevole. Uniti da una costola, sovrastati da un drappo a mo’ di sipario teatrale, raffigurano l’eterna distanza fra l’uomo e la donna e la grandezza dell’opera divina.

 

 

Nella cerchia superna, dietro la pluralità delle interpretazioni possibili, resta pur sempre un ultimo segreto – e la luce dell’intelletto miseramente impallidisce… [Paul Klee, La confessione creatrice, 1920]

 

 

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