Pierre Auguste Renoir è il più figurativo di tutti gli impressionisti: la sua passione è quella della decorazione, gli effetti della sua arte si manifestano nel candore coloristico e nell’acerbità delle forme.
Nasce nel 1841 a Limoges, dal sarto Léonard e dalla madre Marguerite Merlet, operaia tessile. Nella speranza di guadagnare qualche soldo in più, la famiglia si trasferisce a Parigi, nelle vicinanze del Louvre. Il giovane Pierre mostra due grandi talenti: saper cantare e saper disegnare. Nel primo caso, riscuote grande successo presso il coro della chiesa di Saint- Sulpice, nel secondo, colora con i gessetti del laboratorio del padre sarto. Fra i due prevale la tendenza pittorica, così il padre lo promuove come decoratore di porcellane, a Limoges. A tredici anni entra fra i giovani decoratori della ditta di porcellane Lévy, ma dopo cinque anni di lavoro e apprendistato la ditta fallisce e Pierre è costretto a trovare un nuovo lavoro: dipinge immagini sacre per il mercante Gilbert, fabbricatore di tende per missionari. Non pago di quest’attività, aspira a diventare un vero pittore e, a tale scopo, frequenta il Louvre e i corsi serali dell’Accademia di Arti decorative, fino ad approdare alla Scuola di Belle Arti.
Da qui, comincia a far parte di quel gruppo di giovani che periodicamente si reca presso la foresta di Fontainebleau, a dipingere all’aria aperta. Fondamentale è l’amicizia quasi fraterna con il pittore Bazille, con il quale condivide appartamento e Café (Guerbois). Ma non mancano profonde amicizie anche con Manet e Monet, con i quali ripercorre persino le stesse sperimentazioni compiute sui medesimi soggetti. Tuttavia, mancano le vendite dei quadri. Intanto, arriva la guerra franco-prussiana e anche Renoir è chiamato alle armi; nel disastroso scontro perde l’amico Bazille. Ritornato a Parigi, dopo la resa di Sedan, riprende a dipingere insieme a Manet e Monet e, anche per lui, arriva la grande occasione dell’inaugurazione della prima mostra impressionista nell’aprile del 1874 presso il fotografo Nadar.
Quasi tutti gli artisti vengono osteggiati dalla critica e la mostra si rivela un insuccesso, tutti tranne che per Renoir, il più figurativo di tutti. Di base, nessuno di questi artisti insegue il vero, tutti colgono la luminosa fugacità di un attimo. Renoir cerca di raccogliere gli effetti positivi della recente critica e invita la pittrice Berthe Morisot a organizzare un’asta pubblica all’Hôtel Drouot, rivelatasi fallimentare. Ma a quella mostra è presente anche Victor Chocquet, un funzionario di dogana conquistato dalla pittura di Renoir, sarà lui infatti il suo maggior acquirente. La ritrattistica diviene la migliore espressione dell’arte del nostro pittore, o, quantomeno, la più apprezzata all’epoca. Tuttavia, non abbandona l’en plein air e nel 1876 dà dimostrazione di grande adesione al movimento con Bal au moulin de la Galette.
Presentato alla terza mostra impressionista del 1877, è la risposta alle polemiche mossegli dagli amici che lo accusano di fare un’arte commerciale, priva della riforma impressionista. Da qui in poi intraprende degli avventurosi viaggi in Africa, sulle orme di Delacroix, e in Italia, alla ricerca del colorismo veneto (a Venezia e Padova), dell’innovazione raffaelliana (a Roma e Firenze), dell’arte romana visibile a Pompei, delle atmosfere bucoliche e agresti siciliane (a Palermo).
Al suo ritorno in Francia, la sua fama è già altissima e consacrata in una mostra straordinaria organizzata dal collezionista e mercante d’arte Durand-Ruel nel 1892, con l’esposizione di centoventotto quadri.
Persino il governo francese acquista i suoi quadri e lo insigna della Legione d’Onore. Agli inizi del Novecento, solo pochissimi pittori rimangono fedeli all’impressionismo e Renoir preferisce non tenere alcun rapporto con loro: Monet, si è ormai ritirato nella sua casa di Giverny, pur continuando a lavorare, come Degas, attivo, pur vicino alla cecità.
Anche Renoir non gode di ottima salute: un’artrite reumatoide deformante lo perseguita da quando ha cinquanta anni, ai sessanta è semi-paralizzato e a settanta anni è praticamente disabile e cammina solo su una sedia a rotelle. Nonostante i suoi arti siano bloccati, ha sempre voglia di dipingere e si fa legare i pennelli ai polsi, avendo le mani completamente bloccate, pur di farlo.
Su consiglio del proprio medico, si reca in Costa Azzurra, a Cagnes-sur- mer, dove acquista una villa con vista sul mare. Qui muore il 3 dicembre del 1919, immerso fra le fronde del suo giardino, senza aver smesso mai di dipingere e di dedicare le sue ultime forze alla amata moglie Aline, già scomparsa nel 1915, e ai suoi allievi, fra i quali un giovanissimo Henri Matisse.