AMEDEO MODIGLIANI
Nato a Livorno il 12 luglio del 1884 da una famiglia ebraica, ultimo di quattro figli, di padre romano e madre francese. Proprio negli anni ’80, la famiglia vive un triste periodo economico dovuto al tracollo delle imprese minerarie ed agricole che il padre aveva in Sardegna. Per il sostentamento generale, la madre riesce a ricavare abbastanza dalle sue lezioni private e dalle sue scuole.
Amedeo si mostra subito cagionevole di salute e bisognoso di cure: a 14 anni viene mandato a Capri per guarire da un principio di polmonite. Nel frattempo, ridotto all’immobilità, si dà al disegno. Riesce a convincere la madre a mandarlo presso la bottega di una maestro, Guglielmo Micheli, allievo di Fattori. S’inserisce, dunque, nell’ambiente dei macchiaioli. Nel 1902 è iscritto alla “Scuola libera di Nudo” di Firenze e nel 1903 all’Istituto per le Belle Arti di Venezia. Dopo tre anni di questi frenetici studi, si trasferisce a Parigi, trovando sistemazione nel quartiere dei pittori, Montmartre.
Qui, grazie all’intercessione del mercante d’arte Paul Guillaume, conosce Brancusi e Picasso. Tutti e tre gli artisti, infatti, si occupavano di cultura (e scultura) negra. Il tratto di Modigliani è riconoscibile tra mille: occhi a mandorla, nasi ritorti, colli allungati e bocche tremolanti. Dopo poche ore dall’apertura della sua prima mostra (3 dicembre 1917), tenutasi presso la Gallerie Berthe Weil, la polizia francese lo costringe a chiudere per lo scandalo destato dai nudi esposti in vetrina.
Da questo momento, gli ambienti parigini lo etichettano come pittore “maudit”, dedito all’alcool e all’hashish. Una nomea che non si toglierà di dosso molto facilmente. In realtà, quasi tutti gli artisti di Montmartre praticavano le stesse abitudini, solo che Modigliani molte volte sfociava in atteggiamenti plateali, ora litigando per strada, ora facendosi largo con la sua pittura “scandalosa”.
Chi lo conosceva bene sapeva che non aveva bisogno di eccitanti per sentirsi vivo e ispirato: Modigliani lo era già per natura.
Il quadro sopra, denominato Nu couche (Nudo disteso con braccia aperte), fa parte di una serie di opere dipinte per il collezionista e mercante d’arte Leopold Zborowski fra il 1916 e il 1918 ed esposte alla Gallerie Weil. La modella in questione è Jeanne Hébuterne, la stessa compagna di Modigliani. La sua figura, di prepotente bellezza, sembra fuoriuscire dal quadro stesso, braccia e gambe tagliate non per sottolinearne l’imperfezione, ma per l’impossibilità dichiarata a contenere tanta carnalità. A bilanciare la rigidità del taglio è la morbidezza del divano rosso e del cuscino azzurro, un insieme riuscito di forme e colori che consegnano allo spettatore un’idea di serenità trasognata proprio come suggerisce il volto sorridente della modella.
Il corpo nudo acquista un volume grazie alla moltiplicazione delle linee curve che danno una dimensione crescente e movimento alla figura.
Questo secondo Nudo disteso, molto più grande del precedente, è la rappresentazione inversa dell’Olympia di Manet: su una superficie di un bianco puro, il soggetto del quadro, nella sua nudità senza pudore, ci consegna le spalle, volgendo solo il suo sguardo verso lo spettatore, immerso su uno sfondo sordo, simile a una lavagna d’ardesia o a uno specchio che non riflette. Da questi dipinti emerge il sacrificio della rinuncia dell’artista alla scultura per motivi di salute (le polveri accentuavano la sua tubercolosi): i volumi, infatti, appaiono corposi e densi, i colori decisi e intensi, vivi e volti a stupire. Inoltre, emerge una forte e moderna sensualità.
Dopo aver rinnegato un figlio probabilmente nato da un rapporto con la precedente compagna Simone Thiroux, Modì, come lo chiamavano gli amici di Parigi, sposa la pittrice Jeanne Hébuterne, dalla quale aveva avuto una figlia. Tutti e tre vanno a vivere a Parigi, mentre la salute di Amedeo, provata dalla tubercolosi e da una vita poco ordinata, continua a peggiorare. Nel gennaio del 1920, un inquilino del palazzo di Modigliani sente delle grida di dolore, accorre e trova il maestro in preda a una crisi provocata da una meningite tubercolotica, tenuto stretto da Jeanne, al nono mese di gravidanza. Modì muore all’Hôpital de la Charité, il 24 gennaio 1920, circondato da tutti gli amici. Il giorno dopo, Jeanne si lascia precipitare dal quinto piano del palazzo dei propri genitori.
La figlia di 20 mesi, Jeanne Modigliani (1918-1984), viene affidata alle cure della nonna paterna Eugènie Garsin, a Livorno. Del figlio illegittimo sappiamo che è stato un bravo prete presso la piccola chiesa di Milly-la-Forêt e che è deceduto nel 2004.