EDGAR DEGAS (1834-1917)
Figlio di un ricco banchiere di origini napoletane ma residente a Parigi, Degas affronta studi classici e si iscrive a giurisprudenza, pur interessandosi alla pittura. Prende lezioni, infatti, da un certo Lamothe, un discepolo di Ingres, che lo invita a iscriversi all’École de Beaux-Arts nel 1855. Come altri pittori prima di lui, utilizza il Louvre come palestra d’arte, tuttavia, attratto dalla storia dell’arte italiana e approfittando della parentela, lascia l’Accademia e si reca in Italia, negli anni fra il 1856 al 1859.
Il ritratto della Famiglia Bellelli è uno dei passi fondamentali per capire l’influenza della tradizione artistica italiana e la sua particolare predilezione verso aspetti della vita intima. Questo dipinto raffigura la zia Laura, suo marito il barone Gennaro Bellelli e le loro figlie Giulia e Giovanna. La zia è incinta e porta un vestito nero per via della morte del padre, immortalato nel ritratto dietro di lei. Degas riesce a decifrare il carico di tensione presente in quella famiglia e l’effetto emotivo prodotto sui suoi componenti.
Al suo ritorno a Parigi, viene introdotto al mondo dell’impressionismo da Edouard Manet, conosciuto al Louvre mentre copia un quadro di Velásquez. Da allora, abbandona i quadri storici e comincia a ritrarre scene di vita contemporanea aventi come soggetto ballerine, bagnanti, stiratrici, cavalli, locali di ristoro. Se Degas adesso fa parte della corrente impressionista, bisogna dire, ad onor di verità, che il suo stile si discosta molto dai canoni stilistici impressionisti. In effetti, non ama dipingere all’aria aperta, utilizza il colore nero, impiega anche anni prima di finire un quadro, molte volte si distacca dalla realtà e dipinge basandosi sui suoi ricordi.
Uno dei temi che lo coinvolge particolarmente è la danza: Degas è impressionato dalla grazia delle ballerine. Le dipinge in ogni scena e ama le loro pose aggraziate anche durante le prove di ballo. La sua svolta avviene dopo il 1874, anno che coincide con la morte del padre. Il nostro pittore, infatti, si ritrova di colpo in gravi ristrettezze economiche ed è costretto ad affrontarle con la vendita dei suoi quadri. Ha il vantaggio di essere riconosciuto come uno dei capofila degli artisti del Café Guerbois, insieme a Manet, e le sue sperimentazioni tecniche, con le posizioni audaci dei suoi soggetti (dall’alto verso il basso o viceversa) fanno colpo sui collezionisti del tempo.
In più, la sua ricerca lo porta a studiare effetti luministici originali e stesure di colore vibranti. A tal fine, non rinuncia al classico disegno preparatorio che evidenzia i contorni delle figure, contrariamente a quanto facevano, di regola, i suoi amici impressionisti.
Edgar frequenta regolarmente il vecchio Teatro dell’Opera di Parigi grazie al lasciapassare dell’amico Jules Perrot, famoso maestro di ballo. L’artista realizza opere molto complesse, dove il corpo umano e i suoi movimenti sono studiati in ogni dettaglio. Lo stesso Perrot è immortalato mentre impartisce i suoi insegnamenti nella sala prove del teatro dell’Opera, battendo il tempo sul pavimento con un bastone.
Il suo modo di esprimersi è molto vicino alla scultura che praticherà regolarmente, riportando gli stessi soggetti della pittura (famose le sue statuette di cera, quasi un esercizio tecnico, sulle quali applica capelli e vestiti veri, ad accentuarne il realismo).
Nella sua ricerca di un maggiore realismo nella pittura, non disprezza la creazione di scene teatrali popolate da amici attori che ama dipingere con grande espressività.
In tal senso, il suo capolavoro è L’assenzio: il luogo prescelto dall’artista è un caffè, tipico ambiente deputato agli incontri, ma non è un caffè qualunque, si tratta di “La Nouvelle Athènes”, in Place Pigalle, una specie di seconda casa per gli artisti moderni e il ritrovo degli intellettuali bohèmien di Parigi.
Qui, un uomo e una donna stanno seduti una a fianco dell’altro, senza guardarsi e, apparentemente, senza notare la presenza dell’altro, lo sguardo vuoto e assente, la fisionomia decadente, l’aria depressa. L’assenzio, il vero protagonista dell’opera, rende l’atmosfera come sospesa: sospesi sono gli sguardi, sospesi i tavolini senza gambe, sospeso il giornale fra un tavolo e l’altro, sospesi i riflessi allo specchio dei corpi dei due personaggi, qui visti come ombre. Il punto di vista dell’osservatore parte dal tavolo posto dalla nostra parte, con sopra un archetto da violino e un posacenere pieno di mozziconi. Sembrerebbe sia presente anche un musicista non visibile. I personaggi della tela sono due amici dell’artista: l’attrice e modella Ellen André e l’artista incisore Marcellin Desboutin, notoriamente non alcolisti, ma che si prestano al gioco dell’autore.
Sembra che a quest’opera si sia ispirato anche il romanziere Emile Zola nel suo L’Ammazzatoio. In effetti, il quadro può essere interpretato come una denuncia della piaga sociale dell’assenzio, una bevanda alcolica che dà al bevitore un senso di stordimento talmente pericoloso da portare, a qualche anno dalla sua diffusione, lo stesso Stato francese a ritirarlo dal commercio.