Fra neoclassicismo e stile Liberty
GIUSEPPE GANGERI (Messina 1850-1927), artista di buona impostazione neoclassica e di sapiente caratterizzazione dei personaggi, il suo tratto, tuttavia, non gode della stessa autorevole forza espressiva di molti suoi contemporanei come Scarfì, Zappalà e Gatto. Il Gangeri è presente al Gran Camposanto con un elevato numero di opere, fra le quali segnaliamo anche sei bassorilievi posti sul lato destro della cappella di S. M. delle Grazie e il monumento Vinci-Grillo, dotato di un elegante tumulo con ricche decorazioni floreali e tre busti di buona fattura (foto sopra).
Cenni biografici – Giuseppe Gangeri
Negli ultimi anni della sua vita visse a Scaletta e nel 1926 preparò il modello della Cena di Nostro Signore per l’altare della Nuova Chiesa di S. Antonio, voluta da Padre Francia. Ebbe due fratelli, entrambi artisti: Antonio, fine ebanista, educato all’arte in Roma, morì giovanissimo nell’epidemia di colera che colpì Messina nel 1867. Fu autore di un bassorilievo in marmo raffigurante la Carità (dal 1865 presso il Museo di Messina) e di un altro raffigurante Domenico Amodio, patriota e deputato al parlamento siciliano nel 1848, eseguito nel 1866. L’altro fratello, Lio, operò a Roma e a Carrara dove insegnò presso l’Accademia. Di lui si ricordano il monumento a Marco Minghetti presso il cantiere Navale di Livorno e alcune figure allegoriche presso l’Altare della Patria.
Scultore del Gran Camposanto di Messina
Gangeri realizzava un busto per l’armatore Giorgio Peirce nel 1899 e, venti anni più tardi, progettava la decorazione della stele e della stessa Cappella Peirce in modo ammirevole. Sulla stele ogni particolare ricorda il passato marinaro dei Peirce: un’ancora, una conchiglia, decorazioni floreali e funebri, lo stemma di famiglia. Il busto raffigura un uomo elegante, barba all’Umberto I, gli occhi del lupo di mare profondi e contornati da rughe, i capelli composti, a parte un ricciolo mosso dal vento. Nel taschino della giacca marinaresca, chiusa sul petto, fuoriesce una lente montata su un paio d’occhialini da intellettuale (foto n. 98).
Il busto di Raffaele La Corte (1805-1893), barone dei Ciuramini, direttore del Banco di Sicilia, con la sua barba composta e l’abbigliamento curato, suscita ancor oggi un certo timore reverenziale (foto n. 99).
Sul lato sinistro del Cenobio, lungo il perimetro, proprio all’opposto del busto del La Corte, è collocato il monumento al nipote omonimo, deceduto il 23 febbraio 1882, a 52 anni. La moglie Paola Ansaldo Patti ordinava al Gangeri un busto inscritto in un’edicola gotica (foto n. 100).
Di bella fattura anche il monumento Peratoner, famiglia di mercanti stranieri trapiantati in Messina. Dei due busti che sormontavano il monumento n’è rimasto integro solo uno. Quello raffigurante Simone Peratoner, infatti, è provvisto della sola testa, ricollocata dopo il terremoto del 1908 (foto n. 101)22.
Altri esempi di buona ritrattistica sono i monumenti a due professori universitari: Antonino Migliorino (1809-1870), professore ordinario di Lingua, Letteratura ed Archeologia greca presso l’Ateneo messinese, il quale lasciava, per testamento, la sua ricca libreria alla Biblioteca dell’Università e tutto il suo patrimonio alla Casa Pia dei poveri di Messina, e Luigi Pellegrino (1820-1883), patriota e scienziato, professore di Chimica presso la Regia Università di Messina e deputato al Parlamento Nazionale.