CONDIZIONE E CULTURA GIOVANILE NELLA SOCIETÀ E NELLA SCUOLA
La scuola è l’anticamera della società o è società essa stessa? Quali sono i valori sui quali si basa? Coincidono con quelli della società in cui viviamo?
È facile pensare, come si faceva per lo più vent’anni fa, che la scuola sia una società in embrione dove si coltivano i futuri politici, amministratori, liberi professionisti, impiegati, operai. Più facile perché ai giovani s’attribuivano poche responsabilità, principalmente quella di una buona formazione, in funzione futura e dunque distaccata dalla vita sociale contemporanea. Il giovane viveva in una specie di limbo, pronto per spiccare il volo al momento dell’inserimento nel mondo universitario e in quello ancora più realistico del lavoro dove doveva affermarsi come persona.
Quest’impostazione ha contribuito, però, a creare un divario tra scuola e mondo del lavoro, tra giovani ed adulti, creando un dissidio generazionale e un ampio spettro disoccupazionale.
Il divario tra scuola e mondo del lavoro e la precarietà
Le generazioni successive, invece, prive dello scontro con il mondo degli adulti, si sono inserite nell’ambito sociale con i mezzi che hanno fornito loro dei genitori emotivamente e culturalmente più disinibiti, dei mezzi di comunicazione votati all’immagine e alla forma più che alla sostanza. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: giovani amanti dello scherzo televisivo, pronti ad immolarsi per cinque minuti di pubblico successo, indifferenti alla cultura tradizionale, fedeli alle politiche del consumismo.
La precarietà del lavoro, l’inadeguatezza dell’ambiente scolastico, l’interesse verso le nuove tecnologie, la facilità del reperimento d’informazioni, hanno reso questi giovani più realistici e sfrontati nei confronti del futuro, se non del tutto votati al presente.
Individualismo e speculazione
Diverse le motivazioni che hanno portato i giovani italiani di fronte a questo disastro sociale: alla base, il comportamento prepotentemente individualista del mondo degli adulti e un’economia speculativa e di corte vedute. Di contro, si è registrata una limitazione dei flussi di denaro verso il ramo dell’istruzione. Quanto è bastato per far convergere negli anni ’70-80 del Novecento gran parte della popolazione in investimenti “pilotati” nel ramo del mattone e immobiliare in generale, in una folle politica governativa volta all’aumento degli stipendi dei funzionari statali e dei contributi a pioggia.
Tutto ciò è equivalso ad un generale rastrellamento dei capitali, ad un forte indebitamento e sperpero di denaro pubblico, cose che, nel privato, hanno impedito ad intere famiglie di garantire il salto di qualità dei loro figli negli studi, in piena epoca di specializzazioni e master all’estero (che solo i più danarosi si sono potuti permettere negli anni ’80-90). La formazione ha prodotto per lo più intelligenze “monche”, non pienamente integrabili nel nuovo sistema economico e imprenditoriale dell’ultimo scorcio del XX secolo, come dimostrano le difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro trovate dagli italiani nei confronti dei loro coetanei stranieri.
La speranza di un futuro migliore
Questi ex-giovani con molte speranze e poco futuro, si trovano oggi un po’ spaesati di fronte ai giovani del terzo millennio, rivestendo il ruolo di genitori e d’insegnanti, con il difficile compito di trasmettere loro la speranza di un futuro migliore. Le intenzioni degli adulti, pur essendo buone ed encomiabili, a volte risultano poco credibili, poiché superate dall’esperienza diretta. Cosicché, ci troviamo di fronte ad una generazione di giovani che non si accontentano, che chiedono e pretendono tutto e subito, che vivono la vita al massimo, premendo sull’acceleratore perché non hanno nulla da perdere: il passato non conta perché costellato dagli insuccessi dei loro predecessori, il futuro ancor meno perché non quantificabile. La proiezione nel presente è inevitabile.
Famiglia, scuola e società
Così, da anticamera della società, la scuola si è fatta società. Società degli eccessi, basata sulle ombre degli antichi valori e per la quale gli adulti non sono più il ponte di connessione con il futuro e con la società del progresso e dello sviluppo economico, ma, al contrario, individui che condividono con loro paure, ansie, perplessità. Adulti-bambini facilmente criticabili poiché dotati di poca autorevolezza, quella che la società passata non ha potuto consegnare loro insieme ad una precisa collocazione sociale, lavorativa, economica, morale.
La nuova missione dei genitori e degli insegnanti di oggi è impegnarsi nello stabilire relazioni emozionali con i giovani, farli uscire da un nichilismo imperante, portarli su un piano della comunicabilità senza filtri, senza inganni, senza chiusure mentali. In parole povere, liberarli dalle distorsioni e dalle strumentalizzazioni che l’informazione, i mezzi televisivi e le imprese multinazionali consegnano loro oggi.
Un’operazione non da poco.