RELAZIONI DISFUNZIONALI
I rapporti tra alunni ed insegnanti possono essere più o meno regolari o più o meno conflittuali a seconda del tipo di relazione che si viene a creare fra le varie individualità che costituiscono il gruppo, docente compreso.
Va da sé che le due categorie svolgono ruoli diversi in uno stesso contesto, dove a prevalere dovranno essere l’ordine, i valori, le idee, la crescita psico-intellettuale del gruppo.
Nello svolgimento dei due ruoli emergono le varie difficoltà di relazione dovute a fattori differenti:
- la formazione di interessi tendenzialmente diversi,
- la diversità degli obiettivi,
- la differenza generazionale,
- la sfida alla figura istituzionale dell’insegnante,
- la ricerca dell’atto sensazionale,
- l’affermazione della propria personalità a discapito degli elementi più deboli,
- gli egoismi,
- il desiderio di emulazione.
Percorso di apprendimento
Tra queste difficoltà si cerca di assestare un percorso di apprendimento che possa portare tutti gli alunni ad un livello di conoscenza e di saperi superiori a quelli rivelati nel test d’ingresso.
L’azione sarà rivolta ad ogni individuo, e perciò personalizzata, tuttavia alcune lezioni ed alcuni scritti saranno rivolti all’intero gruppo di discenti. Perché docente ed allievi non disperdano inutilmente energie che potranno essere convogliate per altri lavori, è necessario prendere le opportune misure per evitare che tutte le discrepanze e le differenze di cui dicevamo prima emergano in maniera prorompente, con grave disturbo per le attività didattiche e l’equilibrio psicofisico della classe intera.
Primo passo: relazionarsi con i giovani
Il primo passo è relazionarsi con i giovani: capire le loro aspirazioni, le loro abitudini, i loro eccessi/difetti, i comportamenti in famiglia, con gli amici, con il resto della società.
Parlare in maniera aperta e diretta accorcia le distanze tra l’insegnante e i suoi alunni, contribuendo a migliorare i rapporti. I ragazzi avranno, di conseguenza, la possibilità di conoscere meglio il docente che dovrà accompagnarli fino alla fine dell’anno scolastico, le sue motivazioni, il suo modo di fare e di parlare, prendendo a loro volta le loro contromisure.
Secondo passo: predisporre il materiale di raccolta dati
Il secondo passo potrebbe consistere nel sottoporre ai ragazzi un breve questionario, nel quale immettere le loro generalità, la situazione familiare, le aspirazioni, le aspettative scolastiche, gli hobbies, il film/programma tv/libro preferiti. Mettere a nudo parte di se stessi già all’inizio della conoscenza contribuirà all’instaurazione di un rapporto di fiducia con l’insegnante.
In questa fase è importante spingere sulla leva emotiva, far capire che il docente non è solo un’istituzione, un impiegato statale con il dovere d’impartire un sapere nozionistico a delle menti grezze, ma molto di più: un simpatizzante della loro causa di “apprendisti senza meta”, una guida, una persona che vive e soffre i problemi della classe, che trasmette emozioni e sa recepire quelle altrui, arricchendosi a sua volta. In poche parole, un educatore.
Entrare in sintonia con la classe
Stabilite queste posizioni, sarà più facile confrontarsi ed entrare in sintonia con la classe, pur considerando che ci vorrà del tempo per superare le ritrosie dei più “ostinati”, dei diffidenti o dei leaders. Il rischio è, infatti, di scontrarsi con questi ultimi per aver raggiunto una posizione di gradimento e benevolenza da parte dei più.
Sarà allora accortezza del docente cercare di inserire nel gruppo il leader senza privarlo del suo primato, esaltando le sue doti e “aprendo” i suoi conflitti.
Terzo passo: verifica degli obiettivi
Terza fase – Gli argomenti affrontati nelle varie lezioni serviranno da spunti per meditare su, ed eventualmente risolvere, i conflitti aperti dentro e fuori la classe. Attualizzare gli argomenti significherà toglierli dal mondo polveroso in cui si trovano per proiettarli nell’immaginario del ragazzo moderno, perché li possa utilizzare come strumenti di crescita intellettuale e culturale. Consapevole di questo bagaglio, si sentirà sempre più in grado di affrontare la società e il futuro mondo del lavoro. L’obiettivo del raggiungimento della consapevolezza di sé mi sembra uno dei più importanti passaggi per l’approdo all’età adulta.
Teoria transazionale di Eric Berne
Con questa tipologia d’approccio, abbiamo toccato tutte le fasi della teoria transazionale di E. Berne:
- il riconoscimento della propria identità di ragazzo in formazione e l’eventuale superamento dei conflitti con i genitori (fase dell’esternazione delle proprie idee e dei propri bisogni),
- il rapporto con il mondo degli adulti (fase del confronto con gli insegnanti),
- raggiunta consapevolezza della propria crescita psico-intellettuale (alla fine del percorso di apprendimento, grazie anche alle verifiche effettuate).
Simulazione di un rapporto simbiotico
Riflettendo adesso sull’esercitazione “Simulazione di un rapporto simbiotico”, potrei dire che durante la fase comunicativa e didattica si corre spesso il rischio di “aiutare” l’alunno a superare gli ostacoli, specie quando l’alunno tende tranelli o accampa scuse inesistenti (i c.d. “giochi psicologici”).
Gli insegnanti in qualità di osservatori esterni dovrebbero avere il compito di sottolineare questi aspetti sleali della relazione sociale, di cui a volte sfugge la contezza durante le lezioni, vuoi per distrazione, vuoi per inesperienza del docente. Per imparare a capire dove si celano i tranelli ed elaborare una strategia per non cadervi, quello proposto nella rubrica “esercitazioni” potrebbe essere un buon metodo.
Tuttavia, uscire dalla relazione simbiotica, reale o potenziale, è ben diverso: il piacere dell’inganno, la tentazione di mettere in cattiva luce un compagno o tanto più l’insegnante, da parte di un giovane alunno, non cessano di esistere quando si riesce a circoscrivere il problema o ad evidenziare l’esistenza dell’inganno stesso.
L’atto o l’intenzione dell’atto rimangono sempre in piedi, pronti ad accettare una nuova sfida.
Soluzioni possibili per uscire da una relazione simbiotica
Come fare? Una delle possibili soluzioni è suscitare lo stato di bisogno.
La necessità, infatti, aguzza l’ingegno e motiva il giovane alunno a darsi da fare per risolvere il problema o arrivare all’obiettivo prefissato. Per ottenere questo risultato in un percorso educativo, è necessario preparare un adeguato programma costruito per gradi.
Ogni grado, corrispondente a un livello crescente di acquisizioni del sapere, è seguito da una o più verifiche. Tuttavia, sarà sempre più difficile arrivare a svolgere o seguire verifiche successive dopo aver saltato uno o più gradi del programma d’apprendimento.
Cosicché l’alunno sarà costretto a tornare sui suoi passi per capire meglio gli argomenti trattati e portarsi al grado di conoscenza dei suoi compagni. Per non scoraggiare il ragazzo, si dovrà sempre permettere il recupero (con esercizi aggiuntivi) di parte del programma in breve, ma per motivarlo nella scelta del recupero o della continuità degli studi bisognerà rendere sempre interessanti, attuali, divertenti, utili, coinvolgenti, i contenuti degli argomenti trattati.
Per semplificare: un insegnante di educazione fisica difficilmente potrà portarsi ai campionati nazionali (che prevedono tempi e misure minime di partecipazione, un’interessante trasferta di qualche giorno, sfide agonistiche, conoscenze di altri atleti ed atlete, la possibilità di portare un titolo e un premio a scuola e casa ecc.) un allievo che si è allenato poco o per niente.
La gratificazione si elabora sulle proprie fatiche.