
Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo (1338-1339), Ambrogio Lorenzetti, Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena
Nella fase della formazione delle tribù divenne indispensabile prepararsi alla difesa della propria comunità dagli attacchi esterni. Da quando infatti le risorse alimentari selvatiche si fecero più ridotte, anche in conseguenza dell’aumento del numero degli uomini primitivi, si cercò di strapparle alla tribù vicina. Gli scontri continui spinsero le comunità ad organizzarsi e ad armarsi per la difesa della propria vita. Ma lo stato di guerra continuo portò all’impoverimento delle coltivazioni e alla diminuzione delle risorse alimentari, a parte che l’interruzione della vita quotidiana. Le tribù dovettero concedersi una tregua e accordarsi sulla pace. Cominciarono così a parlare tra di loro per regolare la loro convivenza, ovvero a parlamentare.
L’idea di Stato
In quasi tutto il Mediterraneo, dopo l’VIII secolo avanti Cristo, si erano affermate le città-stato, distinte sia da un punto di vista territoriale sia culturale e giuridico, ma furono i Romani ad attribuire una precisa identità all’appartenenza a un territorio, anche se in ambito familiare, e a classificarlo come gens. Come ci conferma lo storico Federico Chabod, in seguito alla caduta dell’Impero, si ricorse a diverse denominazioni per indicare l’entità Stato, quali “provincia” e “università”, vere e proprie comunità organizzate, che anche Dante cita nel suo Purgatorio, al passo 78 del canto VI.
Nel Medioevo si profila una nuova tipologia sociale che vede uno stretto rapporto tra un uomo potente (il re) e una larga fascia sociale costituita da persone deboli e indigenti (i sudditi). Secondo lo studioso Biscaretti si può parlare di Stato solo in presenza di realtà territoriali complesse, dove il potere non dipende da altri. Perciò nel Medioevo non esisteva un vero e proprio stato feudale bensì un ordinamento feudale, apparentemente semplice, basato su un rapporto di scambio fra il gran feudatario e i suoi sudditi: sicurezza e protezione in cambio di beni e servizi. Si trattava di una struttura sociale di tipo piramidale dove all’apice stava il gran feudatario. L’attacco all’apice da parte dei corpi intermedi per la conquista del vertice della piramide, fu la strada verso la formazione di uno stato nazionale.
Il termine di Stato nazionale nasce con Machiavelli, in riferimento alla forma di stato assolutista (“Il Principe”).
L’idea di stato, invece, nacque nel ‘600, in seguito all’affermazione dell’assolutismo, forma di potere che basava buona parte della sua forza sul principio di gerarchia e autorità, non più sulla reciproca fedeltà obbligatoria, come nel Medioevo. Il sovrano, però, si ritrovò nella concreta difficoltà di gestire un vasto territorio da solo e perciò dovette far ricorso al negoziato con altri ordini sociali per garantirsi delle entrate. Così si spiega la vendita delle cariche pubbliche e la spartizione del potere regio, rappresentate, ad esempio, dalla presenza dalle corporazioni in Francia e in Italia, dalle gilde dei pastori in Spagna.
Fra le tipologie di stati assoluti, ricordiamo anche lo Stato di polizia (o assolutismo illuminato, distinto dal precedente assolutismo empirico), dove il sovrano pensa al benessere collettivo dei suoi sudditi e diventa un funzionario di stato, suddito del suo stesso ordinamento (vedi Giuseppe II d’Austria).
Tuttavia, si può parlare di Stato moderno allorquando si presentano i seguenti due prerequisiti:
1) un’entità territoriale definita;
2) un’identità culturale nazionale.
Occorrono cioè un territorio ben definito nei confini, da difendere da attacchi esterni e in cui vivere ed identificarsi, una lingua nazionale, una religione di stato, una cultura condivisa seppur poliedrica o regionale.
Certo, in uno stesso ambito territoriale possono convivere diverse etnie, diverse lingue, diverse religioni, diverse culture, perciò è necessaria la volontà dei diversi gruppi a configurarsi in una sola entità nazionale, a risolvere il problema dell’identità. Esattamente come avvenne nell’antichità di fronte al pericolo della prevaricazione del più forte sul più debole.
Per sciogliere il conflitto latente nacque lo Stato di diritto, basato non più sull’autorità del sovrano ma sulla supremazia della legge.
A richiederlo, fu una fascia sociale emergente, solitamente senza rappresentanza politica, priva cioè del riconoscimento dei propri diritti ma sufficientemente forte di mezzi per poterli far prevalere, la classe borghese. Lo stato di diritto nasceva proprio sotto la richiesta incessante della borghesia che soccombeva alle decisioni arbitrarie della classe nobiliare arroccatasi intorno alla figura del sovrano.
Secondo la dottrina montesquiviana, un’organizzazione giuridica moderna si avvale di due aspetti politicamente rilevanti:
a) la separazione dei poteri;
b) la garanzia costituzionale delle libertà.
La separazione dei poteri è indispensabile per evitare l’accumulo del potere nelle mani di una sola persona o di un solo gruppo e per consentire un controllo reciproco fra i vari detentori dei maggiori poteri di gestione statale: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.
Il potere legislativo spetta a un organo elettivo e rappresentativo di una comunità, chiamato Parlamento.
Il potere esecutivo spetta a un organo ristretto di persone nominate direttamente dal sovrano o, nelle democrazie, dal presidente del Consiglio, chiamato Governo.
Il potere giudiziario spetta a un organo ristretto di persone nominate in parte dal parlamento, chiamato Magistratura.
In una società rappresentativa, per evitare il pericolo di sopraffazione delle libertà delle minoranze, è necessario offrire garanzie costituzionali, ovvero mettere per iscritto, su una carta fondamentale, i diritti di tutti i cittadini della comunità, nessuno escluso.
Lo Stato Liberale
Lo Stato liberale nasceva necessariamente in presenza di questi presupposti:
- L’esistenza di un substrato sociale costituito da una borghesia nazionale;
- La legittimazione del potere statale rappresentativo, di derivazione elettorale;
- Il principio di libertà dallo stato, dai ceti, dalle corporazioni.
La borghesia inglese trovò un terreno già fertile dove attecchire, trovando accoglienza nel parlamento inglese in piena osmosi con i ceti agricoli e aristocratici.
La borghesia francese, sebbene padrona della burocrazia dello stato e forte delle corporazioni, non trovò una voce politica (negatagli dai ceti conservatori), ebbe perciò bisogno di uno strappo rivoluzionario per affermarsi politicamente.
La borghesia italiana e tedesca furono vittime di uno scarso sviluppo economico e industriale, di conseguenza non ebbero la forza d’imporsi e dovettero arrivare a patti con i ceti preliberali o precostituzionali.