MICHELANGELO MERISI (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole o Palo Laziale, 18 luglio 1610), detto CARAVAGGIO, dal paese presso Bergamo dove abitò con la famiglia, è considerato il più grande pittore del Seicento.
La sua arte riflette molto il suo carattere e il suo stile di vita travagliato e violento, tuttavia non dissimile dal comportamento di molti suoi contemporanei. Con la famiglia, si trasferisce a Milano, dove apprende l’arte della pittura, poi si sposta a Venezia dove rimane fortemente influenzato dai grandi coloristi del ‘500 come Tiziano, Veronese e Tintoretto; a Roma, invece, conoscerà la miseria e poi la via del successo grazie alla protezione del Cardinale Francesco Maria Del Monte e della famiglia Colonna.
Grazie al ritrovamento dell’atto di battesimo presso l’archivio della Parrocchia di Santo Stefano in Brolo a Milano, scopriamo che Michelangelo Merisi nacque proprio a Milano (probabilmente nel giorno di San Michele Arcangelo, poiché l’atto è datato 30 settembre 1571). Figlio di Fermo Merisi e Lucia Aratori, nativi di Caravaggio, il cui matrimonio venne consacrato dal marchese di Caravaggio Francesco I Sforza. È probabile che il padre si trasferì a Milano presso la “fabbrica del Duomo di Milano”, come architetto o mastro cantiere. Michelangelo ebbe una sorella, Caterina, e due fratelli: Giovan Battista e Giovan Pietro. La vita a Milano durò poco: già nel 1577 la famiglia ritornò a Caravaggio per sfuggire alla peste, che non risparmiò ben tre elementi di loro (nonno Bernardino, il padre Fermo e lo zio Pietro).
Compiuti 13 anni, Michelangelo tornò a Milano presso la bottega di Simone Peterzano (1584-1588), che si diceva allievo di Tiziano, perciò rientrante nella tradizione veneta oltre che lombarda.
Dal 1588 si perdono i contatti con la famiglia Caravaggio, sappiamo solo che la madre Lucia morì nel 1590 e che Michelangelo lasciò Milano nel 1592. Verso Roma o verso Venezia (come afferma il suo biografo Bellori), non è ancora certo. Gli studi di Roberto Longhi insistono sull’influenza di pittori veneti come Foppa, Moretto e Romanino sullo stile di Caravaggio.
Caravaggio trova rifugio presso la comunità dei Siciliani a Roma
Dal 1594 in poi sappiamo che il pittore è già a Roma, ospite del monsignor Pandolfo Pucci da Recanati. In questo ambiente entrò a contatto con il pittore messinese (originario di Naso) Lorenzo Carli, presso la bottega del quale (sita in via della Scrofa) conobbe anche il giovane pittore siracusano Mario Minniti, modello in molti suoi quadri. Carli è il padre fondatore della comunità siciliana a Roma (1593), l’Arciconfraternita dei Siciliani, che aveva il suo luogo di culto presso l’erigenda chiesa della Beata Vergine Maria dell’Itria.
Non mancarono i contatti con altre botteghe come quelle di Antiveduto Gramatica, Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino e Prospero Orsi. In seguito a una contusione procurata dal calcio di un cavallo, fu ricoverato presso l’ospedale della Consolazione, dove le fonti attestano che dipinse alcuni quadri per il priore del nosocomio, Luciano Bianchi da Messina. La sua carriera ebbe inizio proprio dopo l’uscita dall’ospedale, quando conobbe il mecenate cardinal Francesco Maria del Monte tramite il rigattiere Costantino Spada e sicuramente grazie anche alla segnalazione fatta dal collega Prospero Orsi e dal priore Bianchi. La sua pittura si arricchisce di figure e di contenuti, in un crescendo continuo.
È il 1599 e Caravaggio, grazie al cardinale del Monte, riceve la sua prima commissione pubblica per due grandi tele da destinare alla cappella Contarelli, presso la Chiesa di San Luigi dei Francesi, a Roma: la Vocazione e il Martirio di San Matteo. La cappella appartiene al cardinale francese Mathieu Cointrel (1519-1585), nome italianizzato in Matteo Contarelli, prelato arricchitosi con la vendita delle indulgenze, ma convinto mecenate e patrocinatore della stessa chiesa di San Luigi dei Francesi.
Grazie alle opere della Cappella Contarelli, Caravaggio è consacrato pittore di chiara fama e i suoi guadagni salgono vertiginosamente.
Mecenati e committenti di Caravaggio
- Il commerciante Fabio Nuti gli commissiona una Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi per la basilica di Santa Maria del Popolo (1601), poi finita a Palermo.
- Monsignor Tiberio Cerasi, proprietario della cappella Cerasi presso Santa Maria del Popolo, gli commissiona la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo.
- Matteo Cerasi
- Francesco Contarelli gli ordina la terza tela di San Matteo e l’angelo per San Luigi dei Francesi nel 1602 (per rimpiazzare la prima stesura già collocata presso l’altare della chiesa in attesa della fine dei lavori).
- Il marchese Vincenzo Giustiniani, ricco banchiere genovese e amico del cardinal Del Monte, fu uno dei sui più attivi mecenati, acquistò il San Matteo e l’Angelo che i sacerdoti della chiesa di S. Luigi dei Francesi avevano rifiutato e gli commissionò una nuova tela con lo stesso soggetto).
- Ciriaco Mattei, cardinale, Cena in Emmaus e Cattura di Cristo nell’orto.
- Asdrubale Mattei, San Sebastiano (perduto).
- Maffeo Barberini, Sacrificio d’Isacco.
- Girolamo Vittrice, Deposizione, Cappella della Chiesa degli Oratoriani (1602-1604).
- Laerzio o Laerte Cherubini, avvocato, Morte della Vergine.
- Ermete Cavalletti, Madonna di Loreto o dei Pellegrini, Chiesa di Sant’Agostino (1603-1604).
- Massimo Massimi, Cristo coronato di spine, Ecce homo.
Censura? Solo per il quadro “Morte della Vergine”
Si è molto parlato della censura operata dalla Chiesa sui quadri di Caravaggio. In realtà, solo un quadro risulterebbe contestato: Morte della Vergine, per via della Vergine raffigurata con il ventre gonfio, opera commissionata da Laerte Cherubini, destinata alla chiesa di Santa Maria della Scala a Roma e rifiutata dai Carmelitani Scalzi. La tela oggi si trova al Louvre per una serie di fatti: il pittore Rubens la notò e la consigliò a Vincenzo Gonzaga, che l’acquistò per 300 scudi (più di 30.000 euro di oggi). Alla morte del Gonzaga fu venduta al re d’Inghilterra Carlo I e, alla morte di questi, al collezionista Everard Jabach e, infine, al re di Francia Luigi XIV.
Perché tanto successo per il pittore lombardo?
- Per la sua abile tecnica coloristica;
- Per l’espediente chiaroscurale, che permetteva allo spettatore di andare oltre la dimensione grafica, ricostruendo mentalmente la parte immersa nelle tenebre;
- Per aver saputo trattare i temi tanto cari alla Controriforma, trasmettendo un messaggio religioso sincero e popolare, e per questo leggibile anche in senso non strettamente cristiano, comunque umano e libero da condizionamenti.
Le risse
Dal Bellori abbiamo notizie su una serie di risse attribuite a Caravaggio a Milano, anzi sembra sia approdato a Roma per via di un omicidio lì compiuto. A Roma andò in contro a nuovi guai: fu accusato di offese dal pittore Giovanni Baglione (suo indegno avversario, pittore di scarso ingegno e scarso stile, che si rivelò tanto ostile al punto di farlo arrestare additandolo come compositore di versi ingiuriosi nei suoi confronti, insieme al suo gruppo di amici), condannato e arrestato in altre occasioni per possesso d’armi e comportamento rissoso. A Piazza Navona (Roma) nel 1605 ferì il notaio Mariano Pasqualone di Accumoli per qualche parola di troppo su Lena, sua amante e modella: accusato di aggressione, Caravaggio dovette riparare a Genova. La sua padrona di casa romana, Prudenzia Bruni (in realtà gestiva la casa di proprietà di Laerte Cherubini, committente della Morte della Vergine), al suo ritorno da Genova, lo querelò per il mancato pagamento di quattro quote d’affitto e gli sequestrò tutti gli oggetti che teneva in casa. Il pittore, per vendicarsi, andò in notturna con alcuni amici a lanciare pietre contro la finestra della Bruni e cantando a squarciagola. Tutte le aggressioni, denunciate alle forze dell’ordine, miravano probabilmente a un risarcimento, viste le disponibilità economiche del pittore. Anche quelle per porto abusivo di armi. I relativi documenti si trovano presso l’archivio di Stato di Roma.
Fin quando arrivò il 28 maggio 1606: in occasione del gioco della pallacorda, Caravaggio fu ferito da un avversario con un colpo di racchetta in testa. Il pittore fu pronto a restituire il colpo nei confronti di Ranuccio Tommasoni da Terni, già suo rivale in amore (Fillide Melandroni era la donna contesa) e avversario politico. Ma l’omicidio, casuale e scatenato dallo stesso Tommasoni, avvenne sotto la casa dello stesso Ranuccio (che di professione faceva il protettore delle donne di malaffare, mentre i suoi fratelli erano combattenti arruolati nell’esercito): dopo un conflitto a due, intervennero altri a difendere le parti, nella baruffa Ranuccio inciampò e Caravaggio, già ferito, fu lesto a infliggergli un colpo mortale all’inguine (come da dispaccio del 3 Giugno 1606 scritto da Francesco Maria Vialardi al Monsignor Maffeo Barberini nunzio apostolico: “…ho inteso dire che il detto Michaelangelo in sulle 16 hore se ne passò quel giorno da casa del medesimo Ranutio, con comitiva, et il detto Ranutio, vedutolo si armò di dosso, et lo andò affrontare cacciando mano da solo, a solo. Restando ferito il pittore, in suo aiuto uscì un tal Petronio Troppa già Capitano di Castello, et dall’altra il Capitan Gio Francesco fratello di esso Ranutio. Finalmente il Ranutio inciampò dov’hebbe a cadere, nel qual tempo, colto di stoccata da Michelangelo, cascò in terra morto, sendo il Petronio restato malamente ferito dal Capitan Gio Francesco…”). Il delitto, ingiustamente e per volere dei potenti Tommasoni, comportò la condanna più severa, quella capitale per decapitazione. Da allora, l’artista fu ossessionato dall’idea della decollazione e cominciò la sua fuga infinita.
Morto l’amico Carli e senza l’appoggio della comunità siciliana che, in forza della bolla pontificia del marzo 1606 avrebbe potuto salvarlo liberandolo dalla pena di morte (in virtù di un privilegio concesso dal papa Paolo V all’Arciconfraternita), Caravaggio si dovette credere perduto.
A proteggerlo intervenne Filippo Colonna, destinatario di una serie di dipinti, fra i quali una notevole Cena in Emmaus.
Il rifugio a Napoli
Si rifugiò, dunque, a Napoli, presso i Quartieri Spagnoli, e vi restò un anno, sotto la protezione di parenti dei Colonna. Qui realizzò:
- Giuditta che decapita Oloferne (1607), scomparsa;
- Flagellazione di Cristo (1607), oggi presso il Musée des Beaux-Arts di Rouen;
- Salomè con la testa del Battista (1607), oggi alla National Gallery di Londra;
- Davide con la testa di Golia (1607), oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna;
- Crocifissione di sant’Andrea (1607), oggi al Cleveland Museum of Art;
- Madonna del Rosario (1606-1607), forse commissionata dai Carafa-Colonna per la cappella di famiglia presso la chiesa di San Domenico Maggiore, poi venduta e portata nelle Fiandre e, infine, a Vienna.
Restano a Napoli solo Sette opere di Misericordia (1606-1607), destinato a diventare il riferimento per la pittura caravaggesca nel meridione d’Italia e la seconda versione della Flagellazione di Cristo (1607-1608) per la chiesa di San Domenico Maggiore (poi trasferita al museo di Capodimonte).
Fuga da Napoli e progetto di ripartenza a Malta
Nel progetto di recupero della sua critica posizione giudiziaria e nell’attesa di una grazia da parte del Papa (contava molto sui favori di Scipione Borghese), Caravaggio approdò a Malta (luglio 1607), dove fu messo sotto l’ala protettrice del gran maestro dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni, Alof de Wignacourt. Uno dei migliori modi di entrare fra le sue grazie era dipingere per lui. Fu così che ottenne il titolo e l’abito di cavaliere (nell’estate del 1608), utile per l’immunità.
Nel passaggio di andata obbligato da Messina, è probabile che abbia preso contatti con i personaggi siciliani che già conosceva: il priore Bianchi, il potente arcivescovo Bonaventura Secusio, tornati a Messina da Roma, i quali, gli misero al fianco per guidarlo a destinazione un frate, certo Giacomo Marchese.
Per la chiesa di San Giovanni a La Valletta, dipinse la Decollazione di San Giovanni Battista (1608) e il San Girolamo scrivente. Tuttavia, per un litigio con un cavaliere, fu imprigionato il 6 ottobre. Riuscito ad evadere, abbandonò l’isola senza l’autorizzazione del gran maestro, per questo venne bandito dall’ordine il 6 dicembre del 1608.
Fuga da Malta e soggiorno in Sicilia
Sulla strada della fuga, si fermò prima a Caltagirone, dove è registrata una sua presenza presso la Chiesa di Santa Maria del Gesù, e poi a Siracusa, a casa dell’amico pittore Mario Minniti, riuscendo a visitare anche la città archeologica (si dice che attribuì alle Latomie il nome di “Orecchio di Dionigi”). Anche qui lasciò una traccia della sua presenza: la pala d’altare Seppellimento di Santa Lucia per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, commissionata dal Senato della città siciliana. Forse grazie ai contatti con il Secusio, originario di Caltagirone, Caravaggio ottenne gli incarichi siciliani nell’orbita francescana.
Passaggio a Messina
Nel suo passaggio messinese, il notabilato locale non si lasciò sfuggire l’occasione: la Chiesa dei Santi Euno e Giuno è nota per aver commissionato all’artista lombardo l’esecuzione di una pala denominata Resurrezione di Lazzaro, destinata alla cappella maggiore della chiesa. Il compenso fu offerto dal mercante genovese Giovanni Battista de’ Lazzari.
Lo stesso istituto religioso gli commissionò anche una Vergine raffigurata con San Giovanni Battista e altri Santi (oggi perduta), mentre il Senato messinese gli ordinò una pala d’altare per la chiesa di Santa Maria della Concezione dei padri Cappuccini, Madonna del parto o Adorazione dei pastori (il notevole contributo promessogli fu di 1000 scudi, pari a più di 110.000 euro di oggi). Il tema della povertà diventò l’inizio di un nuovo genere pittorico per la natività.
Ritorno a Napoli e aggressione
Caravaggio, forte dei buoni compensi ricevuti e animato dalla possibilità di una grazia, sostò a Napoli, dove un gruppo di sicari dei cavalieri di Malta lo affrontò e lo ferì gravemente. Il volto tumefatto appare nel famoso quadro Davide con la testa di Golia, in cui l’artista si rappresenta nella testa mozzata del gigante Golia.
A questo secondo periodo napoletano appartengono le seguenti opere:
- San Giovanni Battista disteso (1610), collezione privata a Monaco di Baviera,
- Negazione di San Pietro
- San Giovanni Battista
- Davide con la testa di Golia
- Salomè con la testa del Battista (forse dipinta come omaggio ad Alof de Wignacourt per allontanare la pressione dei cavalieri)
- Salomè con la testa del Battista, oggi a Madrid
- Martirio di Sant’Orsola (1610), per Marcantonio Doria, oggi a palazzo Zevallos, Napoli (forse l’ultimo dipinto di Caravaggio)
- San Francesco che riceve le Stimmate
- San Francesco in meditazione
- Resurrezione
Le ultime tre opere erano destinate alla chiesa di Sant’Anna dei Lombardi di Napoli, ma furono perdute nel 1805 in seguito a un terremoto.
Ricostruzione degli ultimi giorni di vita
Con l’obiettivo di raggiungere Roma, Caravaggio s’imbarcò su una feluca che percorreva ogni settimana il tratto Napoli-Porto Ercole. Come risulta da una lettera del nunzio apostolico Deodato Gentile al cardinale Scipione Borghese (venuta alla luce grazie alle ricerche del prof. Vincenzo Pacelli), in realtà Caravaggio scese a Palo di Ladispoli, dove venne fermato dalla sorveglianza e imprigionato. La feluca non attese i tempi di controllo e perquisizione e si allontanò con tutto il carico dei dipinti dell’artista. La famiglia Orsini (il suo punto di appoggio prima della destinazione romana) mirò al recupero delle casse, che, nel frattempo, erano state riportate dalla feluca direttamente alla marchesa Sforza Colonna (a Napoli), dove Caravaggio si era rifugiato prima di partire. Il pittore, già molto stanco per il viaggio e per via di una probabile febbre malarica, percorse un lungo tratto di strada verso Porto Ercole e, secondo il medico del Papa, Giulio Mancini, morì il 18 luglio 1610 (anche se risulta una cancellatura del nome Palo, a favore di Porto Ercole).
Dopo la sua morte, tre delle tele disperse lasciate sulla feluca furono recuperate:
Maria Maddalena in estasi, andò alla marchesa Sforza-Colonna,
San Giovanni Battista o Buon Pastore, andò a Scipione Borghese,
San Giovannino disteso andò a Vincenzo Carafa.
La riforma pittorica del Caravaggio da Roma si espande ben presto in tutta la penisola, tra imitazioni e originali interpretazioni della sua pittura dal linguaggio popolare e dalla tecnica raffinatissima.
Altre sue opere:
Maddalena penitente, Roma, 1593. Roma, Galleria Doria Pamphili.
Ragazzo morso da un ramarro, Roma 1593/4. Londra, National Gallery.
Riposo durante la fuga in Egitto, 1594-1595 ca. Olio su tela, 135,5 × 166,5 cm. Roma, Galleria Doria Pamphilj.
Suonatore di liuto, Roma 1596. Manhattan, Metropolitan Museum.
Giuditta che taglia la testa a Oloferne, 1602 ca. Olio su tela, 145 × 195 cm. Roma, Palazzo Barberini, Galleria nazionale d’arte antica.
Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, 1600. Olio su tela, 268 × 197 cm. Già Palermo, Oratorio di San Lorenzo. Trafugato nel 1969.
Conversione di san Paolo, 1601. Olio su tela, 230 × 175 cm. Roma, Basilica di Santa Maria del Popolo.
Flagellazione di Cristo, 1607 ca. Olio su tela, 134,5 × 175,5 cm. Napoli, Museo di Capodimonte.
Principali pittori caravaggisti:
- Francesco Boneri (più noto come Cecco del Caravaggio)
- Bartolomeo Manfredi
- Angelo Caroselli
- Carlo Saraceni
- Orazio Gentileschi
- Lionello Spada
- Artemisia Gentileschi
- Giovanni Antonio Galli (detto lo Spadarino)
- Gerrit van Honthorst (tradizionalmente chiamato Gherardo delle Notti)
- Hendrick ter Brugghen
- Giovanni Serodine
- Carlo Sellitto
- Battistello Caracciolo
- Filippo Sanvitale
- Luigi Rodriguez
- Jusepe de Ribera
- Pietro Antonio Ferro
- Luca Giordano
- Mattia Preti
- Francesco Solimena
- Louis Le Nain
- Georges de La Tour
- Valentin de Boulogne
- Simon Vouet
- Francisco de Zurbarán
- Diego Velázquez
- Bartolomé Esteban Murillo
- Matthias Stomer
- Pieter Paul Rubens
- Antoon van Dyck
- Rembrandt
- Jan Vermeer
- Adam Elsheimer
- J.L. David
- F. Goya
- T. Gericault
- E. Delacroix
- G. Courbet