Nel 1819 promulgò i nuovi codici civili e criminali, compilati in Francia: furono abiliti i consigli civici, i magistrati municipali, il protonotaro del regno, i capitani giustiziari dei comuni che avevano ingerenza nella formazione del parlamento. Abolita l’antica divisione in Val di Noto, Val Demone e Val di Mazzara.
L’isola fu divisa in sette province: Palermo, Messina, Catania, Girgenti, Siracusa, Trapani, Caltanissetta.
Dal 1837 in poi la Sicilia diventava una provincia di Napoli, poiché un decreto di re Ferdinando del 13 ottobre ammetteva la promiscuità negli impieghi e aboliva il ministero per gli affari della Sicilia con sede in Napoli, si insediavano i sottintendenti e la polizia napoletana.
Dopo la rivoluzione fu proclamata la separazione amministrativa della Sicilia e la sua indipendenza dai ministri di Napoli.
Il luogotenente, assistito da un consiglio di stato, discuteva di tutti gli affari e informava il re.
Fu spostata la consulta di Sicilia da Napoli a Palermo, eliminata la promiscuità negli uffici pubblici.
Fu ripristinato il ministero di Sicilia in Napoli, presieduto da un siciliano, quale intermediario tra il re e il luogotenente di Sicilia.
Furono reinseriti gli impopolari dazi esistenti prima del 1848: la contribuzione fondiaria, il dazio sul macinato, i dazi indiretti o doganali, la lotteria, le poste e il procaccio, il registro, un tarì a cantaro per l’esportazione dello zolfo.
Il 20 marzo 1850 il re delle Due Sicilie concesse a Messina il portofranco e il 2 novembre 1852 le franchigie sui cotoni, perché le fabbriche dei tessuti della Sicilia intera potessero prosperare.