Ottocento europeo: nei padiglioni delle Esposizioni il vecchio mondo si metteva in bella mostra con i suoi manufatti d’artigianato e arte decorativa, ma anche con i più complessi ritrovati industriali d’ingegneria e di meccanica.
Nello stesso periodo, a Napoli, si organizzava l’Esposizione Nazionale e a Parigi quella Universale (1855), a Milano e a Torino le esposizioni del 1881 e del 1887, a Palermo quella del 1891-92.
Le invenzioni ottocentesche in scena a Palermo
In quest’ultima venivano orgogliosamente esposte le meraviglie della tecnologia dell’epoca: Achille Gustavo Morelli di Palermo presentava la sua “macchina eliotermica automatica per la produzione gratuita del freddo e del ghiaccio, adoperabile anche come ordinario motore“, antesignana del frigorifero.
Non mancava una lunga rassegna di macchine a vapore: le cucine economiche a vapore prodotte da Giovanni Freni di Messina (nate dall’esigenza di sfamare centinaia di senza tetto, vittime di calamità naturali quali alluvioni e terremoti), gli ascensori idraulici della Stigler di Milano (fino a 42 metri di altezza in circa venti secondi grazie alla sola pressione dell’acqua), il chiosco per la distribuzione automatica delle bibite del milanese Luigi Ermolli, la pressa meccanica Baldi-Theis per la spremitura dell’uva della fonderia Oretea di Palermo (appartenente alla famiglia Florio), e poi vetrine Liberty, cancelli in ferro battuto, 720 dipinti e 301 sculture.
Le tre gallerie destinate alla meccanica e alle macchine ospitavano anche l’Ansaldo di Sampierdarena, la Breda di Milano, la Pattison di Napoli, la Fratte di Salerno, la De Pretto di Schio, la Franco Tosi di Legnano. Tuttavia veniva esposta una tecnologia altrove già conosciuta da anni, cosa che evidenziava lo stato di malessere in cui versava l’industria italiana dell’epoca, contrariamente al grande successo ottenuto dalle sezioni dedicate all’artigianato, all’architettura e all’arte.
Il successo dell’Esposizione di Palermo
Il pregio dell’Esposizione Nazionale di Palermo fu catalizzare l’attenzione di imprenditori e visitatori su una città ricca e alacre, ma anche sugli aspetti della politica coloniale e sulle rivendicazioni dei lavoratori siciliani. Nuovi fermenti, insomma, che caratterizzeranno la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, sul momento repressi nel sangue dall’intransigenza crispina. Segno di un’ultima disperata resistenza della borghesia agraria, destinata oramai a triste declino.