Quando uno storico studia le fonti, si trova ad analizzare testimonianze di realtà sociali passate o, comunque, diverse dalla propria. In poche parole, si trova ad avere a che fare con “rappresentazioni” della società. Capire quali rapporti o connessioni intercorrono tra queste testimonianze è per lui un’azione estremamente pericolosa: rischierebbe di travisare i fatti, di prendere qualche abbaglio storico. Tuttavia può congetturare, formulare delle ipotesi.
Quando un giudice si trova davanti a delle testimonianze, non può formulare ipotesi: nell’incertezza, decide un “non luogo a procedere”.
Il bisogno di prove
Entrambe le figure, per cercare la verità possibile e conquistare la certezza dei fatti, hanno un bisogno assoluto di prove. Operazione non facile e non sempre possibile.
Si può però affermare che processo storiografico e processo giuridico hanno molto in comune: il confronto e l’analisi dei documenti, per cominciare. In questo percorso si presentano ulteriori difficoltà: chi ha scritto le fonti oggetto di studio o le riporta per testimonianza, ne ha comunque fatto un’interpretazione personale, le ha in qualche modo filtrate. Allora sta nell’abilità dello storico e del giudice “far parlare” le carte o le persone, conducendole verso la verità originaria. Ma per far questo bisogna sentire le fonti più disparate, farne una selezione, confutarle. Perché tanto meno le si confuta, tanto più ci si espone al rischio di un errore.
Differenza tra giudice e storico
Quale errore? Qui cade la differenza tra giudice e storico: l’errore scientifico non è l’errore giudiziario, e viceversa. Un giudice considera il contesto sotto forma di elementi o circostanze attenuanti: infermità mentale, incapacità di intendere e di volere, reati commessi in situazioni eccezionali. Tutti elementi che modificano una situazione normale e che attenuano il principio di colpevolezza. Segue, cioè, un metodo giuridico che è imprescindibile.
Cosicchè non si può accostare più l’ampia analisi dello storico all’azione giuridica, così come far coincidere la figura del giudice con quella dello storico equivale a deviare il percorso della giustizia: un imputato, infatti, può essere condannato solo se certi della sua colpevolezza.
A conclusione, possiamo dire che storia e diritto hanno percorso insieme molta strada. La storia, da canto suo, è nata dall’unione della medicina con la retorica, ovvero dalla ricerca medica delle cause naturali che hanno prodotto casi da analizzare e la capacità di persuadere il pubblico ad accettare i risultati di tale ricerca.
Insomma, un medico e un avvocato hanno dato vita allo storico.