Scandali politici fra Otto e Novecento in Italia: quando il popolo siciliano si ribellava.

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Copertina del giornale satirico romano “Il mulo”, con una caricatura del ministro Nunzio Nasi alla sbarra visibilmente inorridito dalle accuse mossegli contro. Le parole, rimaste famose, della difesa furono: “Se lui ha mangiato gli altri hanno divorato; dunque, assolvetelo”.

Poco più di un secolo fa ci fu uno dei tanti scandali politici che caratterizzarono (e caratterizzano) la fase successiva all’unità d’Italia. Lo scandalo in questione interessò un uomo politico siciliano, Nunzio Nasi, nativo di Trapani, accusato di peculato e di malversazione ai danni del proprio ufficio ministeriale (era allora Ministro della Istruzione Pubblica in carica).
Il caso, sollevato dal presidente del consiglio Giovanni Giolitti, portò a un processo vero e proprio dove il ministro Nasi fu messo alla berlina con le accuse imbarazzanti di aver utilizzato, per fini personali, libri, testi e materiale scrittorio del proprio ufficio, quando nell’abbraccio fra mondo della politica e mondo dell’imprenditoria si erano compiuti misfatti ben peggiori.
L’opinione pubblica, infatti, non restò indignata, anzi si mosse a difesa del povero ministro messo alla sbarra per accuse sì giuste ma di una legge evidentemente non uguale per tutti. Anche per questo Nasi divenne il portabandiera dell’indipendentismo e dell’orgoglio siciliano.
Andiamo nel dettaglio della vicenda: nel luglio del 1907 il ministro trapanese Nasi fu condotto agli arresti dal Senato riunito in Alta Corte di giustizia per i reati di peculato e appropriazione indebita.
Quello che nessuno si sarebbe mai aspettato fu la reazione della città natale di Nasi.
Trapani, infatti, insorse, sostenendo il complotto ai danni del loro beniamino e degli interessi della Sicilia.
Nel processo del 5 novembre, Nasi si difese asserendo che il denaro preso dalle casse statali era stato utilizzato per fini istituzionali e che i libri del ministero erano stati offerti ad enti bisognosi. A puntargli l’indice contro, in quell’occasione, fu proprio quell’onorevole Ettore Ciccotti che, grazie alle referenze presentate da Nasi aveva guadagnato la cattedra di professore ordinario di Storia Antica presso l’Università di Messina. Insomma, nel nome dell’antimeridionalismo più sfrenato si misero da parte amicizie e obblighi personali. Furono questi gli anni della spinta autonomistica siciliana.A processo finito, Nasi fu condannato a undici mesi di carcerazione domiciliare, decadde dalla carica di ministro e deputato, gli fu interdetta la carriera politica per quattro anni e due mesi.
La città di Trapani rispose ancora una volta duramente, gettando in mare le insegne del Re e incendiando i suoi ritratti, provocando disordini nelle piazze durante tutto il periodo elettorale.
L’ex ministro, dopo aver scontato la pena, fu rieletto grazie al sostegno dei suoi concittadini.


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