I templi greci

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Il luogo di culto più popolare dell’antica Grecia

Il tempio per gli antichi Greci era un luogo di culto intitolato a una divinità. Tuttavia, il contatto con essa era consentito solo ai sacerdoti, gli unici in grado di leggerne i responsi tramite una vera e propria scienza di lettura delle viscere degli animali donati in sacrificio, chiamata “aruspicina“. Per questi motivo, i sacerdoti venivano chiamati anche “aruspici”.

Il sacrificio

L’animale, solitamente un agnello, veniva posto su un’ara sacrificale, sgozzato ed eviscerato.

Tramite quelle viscere e, in particolare, tramite il fegato, era possibile leggere il responso degli dei, circa l’opportunità di intraprendere una battaglia o di costruire un nuovo edificio o di avviare scambi commerciali e così via.

Il tempio all’origine

Il tempio, simbolo della città-stato, era collocato in cima all’acropoli, quale testimone della grandezza della città e quale custode della stessa.

Originariamente il tempio greco era fabbricato in legno, con una struttura che ricordava una semplice abitazione con tetto spiovente.

A lungo andare il legno deperiva, senza lasciare traccia del tempio. Così fu sostituito da un modello in muratura, mantenendo l’alto basamento che un tempo serviva a separare le colonne lignee dall’umida terra.

Tipologie di templi greci

  • Il tempio più semplice che conosciamo è quello in antis, cosiddetto perché aperto da un solo lato e con un ingresso preceduto da due colonne. Il perimetro restante era costituito da muri privi di finestre.
  • Un’altra tipologia è quella del tempio in doppio antis: aperto sia lato nord che lato sud, con apertura sempre preceduta da una coppia di colonne.
  • Con quattro colonne frontali è detto prostilo, con altre quattro poste nel lato sud è detto anfiprostilo.
  • Il tempio circondato completamento da colonne per tutto il perimetro prende il nome di tempio periptero.
  • Se le colonne erano collocate in numero doppio, prendeva il nome di diptero.

Parti del tempio greco

L’accesso al tempio, consentito, come dicevamo, solo ai sacerdoti, era costituito da una scalinata, chiamata crepidoma, dove l’ultimo gradino prendeva il nome di stilobate.

Il tempio dorico, caratterizzato dalla presenza di colonne massicce, scanalate e provviste del tipico capitello dorico, semplice e squadrato, prevedeva l’appoggio delle colonne direttamente sullo stilobate.

Il tempio ionico e il tempio corinzio, invece, erano caratterizzati da un appoggio delle colonne più sottili e raffinate su una base chiamata plinto, che consegnava loro più slancio ed eleganza.

Le colonne

Le colonne erano composte da più elementi chiamati fusti o rocchi e alla sommità presentavano un capitello di ordini architettonici diversi a seconda della popolazione che li aveva creati (ordine dorico dalla popolazione dei Dori, popolo di allevatori-guerrieri nomadi; ordine ionico dalla popolazione degli Ioni, dediti al commercio e alle arti; ordine corinzio dalla popolazione dei Corinzi, dediti alla marineria e alla produzione di notevoli ceramiche).

Il fusto era caratterizzato dalla presenza di scanalature unite a spigolo vivo per suggerire l’idea della verticalità e del volume attraverso l’effetto del chiaroscuro. L’ispirazione deriva quasi certamente dall’osservazione della natura e dalla replica di un ambiente ricco di alberi dal grande fusto.

Al centro (esattamente a un terzo dell’altezza totale), il fusto presentava un rigonfiamento chiamato entasi, una soluzione tecnica ingegnosa che serviva a correggere l’illusione ottica del restringimento del fusto stesso per via dell’effetto vuoto-pieno creato dall’accostamento di colonne tronco-coniche. Solitamente, la colonna aveva un’altezza pari a 4-6 volte rispetto al diametro della sua base.

I capitelli

Il capitello dorico era formato da due semplici elementi, chiamati echino (sorta di “cuscinetto rigonfio” a forma di guscio di riccio di mare o di recipiente) e abaco (elemento a forma di un parallelepipedo a base quadrata).

Il capitello ionico era caratterizzato dagli stessi elementi ma più complessi e raffinati rispetto a quelli dorici: l’echino, infatti, presentava delle originali volute e degli ovuli, mentre l’abaco consisteva in una sottilissima piattaforma circolare.

Il capitello corinzio, poco usato dai Greci e assimilato successivamente dai Romani, era composto da un piccolo echino e un grande abaco somigliante a una grande cesta (un tronco di cono) con decorazioni in foglie d’acanto (otto in tutto).

La trabeazione

I capitelli erano sormontati dalla trabeazione, una superficie piatta e lineare divisa in due parti:

  • l’architrave, la parte che poggiava direttamente sul capitello, perfettamente liscia e priva di decorazioni;
  • il fregio, la parte decorata, a sua volta distinta in triglifi (piccoli segmenti in pietra caratterizzati da scanalature verticali) e metope (bassorilievi che raccontavano una storia).

Il frontone

Sopra la trabeazione si stagliava il frontone, a sua volta composto da:

  • una cornice di contorno,
  • il timpano, ovvero la parte interna che accoglieva una sequenza di statue in marmo,
  • la sima, la parte superiore corrispondente allo spiovente del tetto
  • gli acroteri, piccoli statue o elementi decorativi collocati lungo il perimetro del tetto.

La statua della divinità

La statua della divinità era collocata all’interno del tempio, in una sala chiamata naos o cella, invisibile dall’esterno.

Caratteristiche del tempio oggi non più visibili

Come si può notare dal disegno soprastante, una ricostruzione ipotetica del tempio greco originale, il tempio presentava delle sgargianti colorazioni in ogni sua parte, per la ricerca di un maggiore realismo naturalistico e di un maggior effetto scenografico.


Cosa trovi nel video:

  • Singole componenti di un tempio greco
  • Tipologia di templi greci

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