Victor Horta (1861-1947) è certamente il più originale e importante architetto dell’Art Nouveau. Belga, nato a Gand, si esercita, sin da ragazzo sui disegni delle opere di Viollet-Le-Duc e Vaudremer, rimane affascinato dalla cultura e dall’arte della capitale francese, allora piena di fermento e di idee. Da questo particolare interesse per la natura e l’equilibrio delle cose, nasce il suo stile dirompente, caratterizzato da curve che liberano le architetture dalla noia e dall’immobilità della tradizione. Senza più riferimenti storicistici, l’Art Nouveau di Horta si slancia verso un futuro opulento e consumistico, ma che pur conserva il gusto lezioso della foglia accartocciata o del fiore accompagnato da un colpo di frusta.
Progetta e segue i lavori di quattro sensazionali ville a Bruxelles (oggi patrimonio dell’Unesco), fra le quali spicca l’Hotel (“abitazione privata”) Solvay (1895-1900). Armand Solvay è un magnate della chimica, figlio di Ernest ed erede di una lunga dinastia di industriali del settore farmaceutico.
Armand consegna a Horta un budget illimitato per le rifiniture della sua casa e l’architetto belga non lo delude affatto. Riesce a progettare gli spazi interni ed esterni con un’armonia magistrale, in più aggiunge qualcosa che prima mancava ai canoni dell’architettura classica: la creazione personalizzata e il posizionamento di luci, arredi, decorazioni delle pareti, oggetti.
Grazie alla sua straordinaria fantasia e all’ispirazione naturalistica, Horta resituisce alla famiglia Solvay un altro suo capolavoro, in cui la leggerezza delle linee, la combinazione di componenti in legno e in metallo e i caldi toni delle luci e dei materiali, creano una dimensione da sogno.
In Belgio, lo stile di Horta è così inconfondibile e personale che l’Art Nouveau stessa prende il suo nome e diventa “Stile Horta” (mentre si chiamava con nomi diversi in altre nazioni: Modernismo in Spagna, Secessionismo in Austria, Liberty in Inghilterra, Jugenstile in Germania ecc).