Vincent Van Gogh,
cuore di artista

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Breve storia del tormentato artista olandese, considerato “malinconico” (oggi diremmo depresso) secondo i parametri scientifici della psichiatria dell’epoca, forse avrebbe avuto bisogno solo di più conforto e di calore umano. Caratteristiche di un fragile profilo che facevano e fanno di lui ancora oggi, grazie alle sue opere, un artista sensibile, di cuore. In poche parole, un genio assoluto. 

VINCENT VAN GOGH

Nasce il 30 marzo 1853 a Groot Zundert e vive una vita molto tormentata, sia per via dei suoi disturbi psichici, presenti sin dalla pubertà, sia per la sua spiccata sensibilità artistica.

Vincent è figlio di un pastore protestante calvinista, molto autoritario, che gli impartisce un’educazione severa. Sin da piccolo Vincent mostra una predilezione per il disegno e frequenta scuole dalle quali viene cacciato per scarso rendimento.

Di fronte a questa incostanza di studio, il padre decide di mandarlo a lavorare presso uno zio antiquario. Questi, per via della sua salute cagionevole, cede la ditta alla casa d’arte parigina Goupil, con tutti i suoi impiegati, compreso Vincent.

Il giovane artista viaggia per coprire attività di scambio commerciale tra le varie filiali del gruppo: Amsterdam, Londra, Parigi, Bruxelles. Durante i suoi viaggi di lavoro, frequenta i musei locali e conosce molte persone interessate al mondo dell’arte.

La vera arte è a Parigi, con Theo

Nel maggio del 1875 viene definitivamente trasferito a Parigi. Qui trova la sua dimensione ideale, grazie anche alla presenza del fratello Theo, intento ad affermarsi come mercante d’arte nel quartiere di Montmartre.

Inizialmente, i due fratelli convivono, ma ben presto finiscono per litigare, soprattutto per via dell’intemperanza di Vincent.

La separazione sarà solo un’occasione per continuare a visitare nuovi luoghi, poiché fra i due fratelli seguirà una fitta corrispondenza: fra il 1872 e il 1890 si contano ben 600 lettere che parlano della vita, dei sogni, delle paure e dei desideri di Vincent. Inoltre, rappresentano un’importante testimonianza dell’attività artistica, delle motivazioni, delle emozioni e dei contenuti delle sue opere d’arte. 

Vincent Van Gogh, Mangiatori di patate, 1885, olio su tela, 82×114 cm, Museo Van Gogh, Amsterdam

Il nostro artista comincia tardi non solo a dipingere professionalmente ma anche a mostrare le sue opere al grande pubblico: ha già 32 anni quando realizza il suo primo vero quadro, I mangiatori di patate, nel 1885. Nessuno poteva prevedere che sarebbe venuto a mancare solo cinque anni dopo.

Nonostante ciò, in quei cinque anni realizza tutto quello che un pittore può realizzare in una vita intera: con una produzione di più di 900 quadri e 1000 disegni diventa una dei pittori più attivi di tutti i tempi.

La maggior parte di questi lavori sono oggi custoditi presso il Museo Van Gogh di Amsterdam. 

A Parigi Vincent scopre la pittura impressionista e si nutre giornalmente di arte di ogni tipo, comprese le stampe giapponesi, molto in voga in quel periodo in tutta Europa.

Stringe amicizie non molto durature con pittori come Toulouse Lautrec e Paul Gauguin. Quest’ultimo è uno degli amici che vengono spesso convocati da Theo perché facciano compagnia al fratello in sua assenza.

Gauguin rimanda di un anno la sua partenza verso la Martinica per assistere l’amico Vincent. Tuttavia, le cose non vanno sempre per il verso giusto e un giorno Vincent cerca di ferire Gauguin con un rasoio, non riuscendoci, si auto-infligge una mutilazione all’orecchio sinistro, in preda a uno scatto di nervi.

Il sogno di Van Gogh di diventare pastore

Sono questi gli anni in cui sogna di diventare un pastore e, grazie all’intercessione del Reverendo T. Slade Jones, riesce persino a pronunciare un sermone domenicale in pubblico. Tuttavia, non riesce a superare gli esami di seminarista, nonostante si sia immerso a capofitto negli studi biblici e abbia abbandonato il lavoro di commesso alla casa d’arte Goupil. 

Dopo questa triste esperienza, si rifugia presso alcuni quartieri poveri gremiti di operai, contadini e minatori, per condividere il loro stato di miseria e privazioni. A sostenerlo economicamente è sempre il fratello Theo, che non manca mai di seguirlo, anche a distanza, grazie al rapporto epistolare sempre frequente.

È lui a suggerirgli di frequentare qualche accademia per affinare la sua tecnica pittorica: a Bruxelles, Vincent riesce a frequentarne una con una certa costanza. Contemporaneamente, gli piace frequentare luoghi isolati e all’aria aperta, quale fonte d’ispirazione delle sue opere. 

Vincent Van Gogh, La camera di Vincent ad Arles, 1888-1889, ne esistono tre versioni, conservate presso il Van Gogh Museum di Amsterdam, l’Art Institute of Chicago ed il Museo d’Orsay di Parigi. Nonostante la prospettiva convergente verso la finestra socchiusa, gli altri oggetti sono in distonia rispetto all’apparente linearità. In particolare, bisogna notare i quadri appesi sulla parete che sembrano quasi precipitare sul letto, le sedie in attesa di un amico da ospitare che, forse, non verrà mai. Sul comodino e sulla parete di sinistra, campeggiano alcuni oggetti di uso quotidiano, ad evidenziare la forza della semplicità e la familiarità dell’ambiente.

L’incontro con Sien

In una delle sue peregrinazioni, incontra una donna di nome Sien (Clasina Maria Hoornik) che conduce una strano stile di vita, isolata in un bosco per via di un corpo ferocemente aggredito dal vaiolo, già madre di una bimba di cinque anni e incinta di un altro bimbo. Vincent se ne innamora follemente, non certo per la sua bellezza, sgraziata dall’età e dalla malattia, ma per la sua dignità e la sua tenerezza di donna e di madre.

Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1889, olio su tela, 73,7×92,1 cm, Museum of Modern Art, New York. Continua la sperimentazione della pittura dell’interiorità: il paesaggio notturno prende i colori e le forme dello stato d’animo del pittore. La luna diventa pallida e semovente, le stelle concentriche, le nuvole vorticose, gli alberi fluenti come l’acqua, il paesaggio silente.

Inoltre, Vincent si sente come un missionario mandato da Dio a confortare gli umili e i diseredati. Ma il suo debole stato di salute lo costringe ad abbandonare il Belgio per andare a vivere a Nuenen, insieme ai suoi genitori. Appena rimessosi, riprende la vita parigina salvo poi abbandonarla a favore della Provenza.

Ad Arles trova il giusto paesaggio primaverile, caldo e verdeggiante, presente nella maggior parte delle sue opere, a due anni dalla sua futura morte.  


La casa gialla di Arles

Va a vivere nella cosiddetta “casa gialla”, luogo di ricovero e di ristoro che l’artista avrebbe voluto trasformare in un ritrovo di artisti. Purtroppo, aumentano anche le sue crisi e le sue fissazioni, tanto da essere ricoverato presso l’ospedale psichiatrico.

Proprio in quel tempo, la critica comincia ad apprezzare sempre di più le sue produzioni artistiche, tanto ricche di colori, di forme contorte e di vibrazioni di luce. 

Vincent van Gogh, Campo di grano con corvi, 8 luglio 1890, olio su tela, 50,3×100,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam

Quella strana morte dell’artista

Pochi giorni prima della sua morte, avvenuta il 29 luglio 1890 presso Auvers-sur-Oise (Francia), dipinge il quadro Campo di grano con volo di corvi, triste presagio della sua dipartita, avvenuta per un colpo di pistola auto-inflitto al petto. Secondo la biografia Van Gogh: The Life di Steven Naifeh e Gregory Smith, due storici dell’arte americani vincitori di un premio Pulitzer, il pittore è stato ucciso dal sedicenne René Secrétan, per un colpo di una pistola malfunzionante partito per errore o in una colluttazione.

I suoi funerali furono caratterizzati dalla presenza degli amici artisti, anche di coloro che in vita l’avevano disprezzato, tutti al seguito di una bara completamente ricoperta di girasoli.


 

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