Simone Martini, il volto nobile della borghesia

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SIMONE MARTINI (Siena, 1284 – Avignone, 1344)

Maestro indiscusso della scuola senese e il più rappresentativo artista del Trecento italiano. Da giovanissimo è probabile il suo apprendistato presso la bottega di Duccio di Buoninsegna. I suoi primi quadri sono di argomento religioso e già all’età di venti anni è abbastanza famoso e conosciuto.


Le prime opere di Simone Martini risalgono al 1305-1310 circa e consistono in una Madonna col bambino e una Madonna della Misericordia, proveniente dalla chiesa di San Bartolomeo a Vertine, oggi presso la Pinacoteca Nazionale di Siena. In queste probabili prime prove, Simone Martini dipende molto dallo stile di Duccio di Buoninsegna, come si evidenzia dall’impostazione iconografica del volto e dalla postura della Vergine. Non solo ha un buon maestro dalla sua parte, ma Simone dimostra di avere delle doti coloristiche e di rifinitura di particolare pregio, grazie alle sue conoscenze di orafo.

Non è un caso se viene chiamato dal Consiglio dei Nove di Siena per affrescare le pareti del Palazzo Pubblico (1312-1315).

La Maestà del Palazzo Pubblico di Siena

La prima opera di Simone Martini a cui è stato possibile attribuire una data è la Maestà, un affresco dipinto su uno dei muri della sala del Consiglio del Palazzo Pubblico di Siena (1312-1315, ricostruito nel 1321). La grande opera di dieci metri per otto subisce l’influsso del maestro Duccio (Madonna in trono circondata dai santi), ma se ne distacca per la visione d’insieme, il numero di personaggi rappresentati, l’atmosfera tipicamente aristocratica di un momento di un torneo fra cavalieri. Traspare anche un forte realismo giottesco, a giudicare dall’impalcatura che regge il sontuoso baldacchino e la punzonatura delle aureole (metodo utilizzato dagli orafi senesi per dare un effetto “crespo” alle loro realizzazioni).

Simone Martini, La Maestà, Palazzo Pubblico di Siena.

Con questa prova pittorica, Simone esce fuori dal campo perimetrale del maestro Duccio, immergendo nella realtà la figura della Madonna e caricandola di significati morali che avevano a che fare anche con un governo laico quale quello dei Nove di Siena.

La Madonna in trono, grazie all’apporto pittorico di Duccio e di Simone, diventa il simbolo del riscatto della borghesia sull’aristocrazia: la santità sul trono in luogo del re o della regina è, infatti, il primo passo simbolico verso l’abbattimento dei privilegi della classe sociale più vicina al re, la nobiltà.

Santo Ludovico di ToIosa

Il segno tangibile di questa rivoluzione sociale è un’altra opera che raffigura il santo Ludovico di Tolosa nell’atto dell’incoronazione del fratello Roberto D’Angiò, il nobile francese diventato re di Napoli, alla ricerca di nuove strategie per rintuzzare la forza dei nobili napoletani. Per la prima volta nella pittura italiana viene rappresentato un personaggio vivente ai tempi dell’artista che lo dipinge.

San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d’Angiò, tempera su tavola, 138×200 cm, dalla Basilica di san Lorenzo Maggiore, Napoli, Museo di Capodimonte, Napoli

Intermezzo ad Assisi e ad Orvieto

Durante la stesura dell’affresco del palazzo pubblico di Siena, Simone dovette attendere al ciclo di affreschi delle Storie di Martino, vescovo di Tours, ad Assisi. Qui venne a contatto con la scuola fiorentina e con Giotto, dai quali apprese le composizioni geometriche ed architettoniche, utili a impreziosire il suo già ricco bagaglio di conoscenze tecniche caratterizzanti la più alta espressione di pittura cortese. Lo si vede nella ricercatezza dell’abbigliamento delle sue figure e dall’ambientazione di caccia.

Investitura di San Martino, cappella di San Martino, basilica inferiore di san Francesco d’Assisi

Recatosi ad Orvieto tra il 1320 e il 1324 Simone eseguì una serie di opere:

  • il polittico per la chiesa di Santa Maria dei Servi, oggi all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston
  • il polittico per la chiesa di san Francesco, oggi al Museo dell’opera del duomo di Orvieto
  • il polittico per la chiesa di San Domenico, composto probabilmente dopo la canonizzazione di san Tommaso d’Aquino, avvenuta nel 1323, oggi al Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto.
Polittico per il convento di S. Domenico a Orvieto, Museo dell’opera del duomo di Orvieto.

Ritorno a Siena nel 1330 circa

Nel Palazzo Pubblico di Siena, affrescò presso la sala del Mappamondo il grande capolavoro che riproduce Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi, a ricordo della presa dei castelli Sassoforte e Montemassi da parte del condottiero mercenario Guidoriccio al soldo dei senesi.

Il ritratto del condottiero a cavallo è celebrativo e esalta il potere raggiunto dalla città di Siena, mostrando un paesaggio “a volo d’uccello” che sorprende non per il realismo quanto per il simbolismo: emergono elementi tipici di un teatro di guerra, senza altre figure se non quella di Guidoriccio. Sembrerebbe sia una copia realizzata dall’originale nel Quattrocento.

Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi, affresco 968×340 cm, Sala del Consiglio, Palazzo Pubblico di Siena

Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita

Il vero capolavoro di Simone è l’Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita (Galleria degli Uffizi di Firenze, 1333), eseguita con il cognato Lippo Memmi nel 1333 e destinata a uno dei quattro altari della crociera del Duomo di Siena. La tavola è infatti firmata e datata dai due autori e si trova presso gli Uffizi di Firenze.

Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita, proveniente dal Duomo di Siena, Galleria degli Uffizi di Firenze, 305×265 cm.

Il realismo è più che evidente: l’arcangelo Gabriele ha ancora le ali dispiegate, come se fosse appena atterrato sulla terra per portare il messaggio divino alla Vergine. La Madonna si ritrae come imbarazzata o persino spaventata da quell’improvvisa e inaspettata apparizione. La tavola è caratterizzata da preziose decorazioni in oro: lo sfondo, il vaso, i ramoscelli d’ulivo, la fantasia a quadri scozzesi del manto svolazzante dell’angelo, le penne di pavone sulle sue ali, il cerchio gotico del manto dell’angelo e il bordo dorato di quello della Vergine.

La rappresentazione ha un sapore del tutto nordeuropeo, stile che porta Simone alla corte papale avignonese.

Ultima trasferta ad Avignone

Proprio ad Avignone trascorre gli ultimi anni della sua vita, tra il 1335 e il 1344, alla corte di Benedetto XII, dove continua a dipingere senza vincoli temporali, a cominciare dal Polittico Orsini.

Il Polittico Portatile Orsini, Andata al Calvario, Parigi, Museo del Louvre

L’impronta di Martini si dispiega, ancora una volta, nelle notevoli decorazioni (le aureole punzonate e gli abiti damascati dei soldati), si aggiunge una marcata caratterizzazione dei volti, alla maniera giottesca, e un senso cupo di disperazione tipicamente medievale.


 

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