Nella Francia turbolenta della seconda metà del secolo XVIII, si forgia l’animo di un artista che diventerà l’astro nascente del Neoclassicismo europeo. Eppure David è un rivoluzionario: chiede la chiusura dell’Accademia Reale, si dedica anima e corpo all’organizzazione del Museo del Louvre, aderisce al progetto napoleonico e ne paga le conseguenze con la sua vita privata e professionale. Una storia che si confonde con quella della moglie Charlotte, vera compagna di vita, nonostante tutto.
Jacques-Louis David nasce a Parigi il 30 agosto 1748. All’epoca la capitale francese è in continuo fermento per via della larga diffusione delle idee illuministe votate alla libertà, al desiderio di autonomia di pensiero e di azione, alla voglia di crearsi una vita da protagonisti della storia. La borghesia è pronta per affermarsi socialmente e comincia ad avere una sua precisa coscienza di classe.
Quella coscienza di classe che porterà alla Rivoluzione dell’89
Nella famiglia piccolo-borghese dei David si vive pienamente questa atmosfera: il padre, Louis-Maurice, commercia metalli ed acquista una carica che gli consente di diventare fornitore ufficiale dello Stato. La madre Marie-Geneviève Buron, di più umili origini, figlia di un muratore, è parente del famoso pittore François Boucher. Proprio Boucher, primo pittore del re, darà un sostanziale contributo alla carriera artistica di Jacques Louis.
Dopo il corso di disegno dell’Académie Saint-Luc, ad appena 16 anni, Jacques dichiara di volersi dedicare alla pittura, ed è così che i familiari lo indirizzano verso Boucher, il quale, vecchio e malato, preferisce affidarlo alle cure del più giovane (ma meno talentuoso) pittore Joseph-Marie Vien.
Vien lo porta con sé presso l’Accademia Reale, dove Jacques ha la possibilità di confrontarsi con i migliori pittori di Francia e di partecipare a importanti concorsi a premi. Da anni ne rincorre uno che mette in palio un viaggio a Roma (Prix de Rome) e in Italia per visitare i siti d’arte.
Finalmente l’Italia
Nel 1774 arriva il suo momento: con l’opera Antioco e Stratonice (più conforme ai canoni classici delle precedenti) vince il premio ambìto e parte alla volta dell’Italia al fianco del maestro Vien. In Italia, visita Torino, Parma, Bologna, Roma e conosce le notevoli opere di Correggio, Parmigianino, Guido Reni, Caravaggio, a parte i maestosi monumenti ereditati dagli antichi romani.
Il pittore italiano Pompeo Batoni, resosi conto delle sue doti artistiche, fa il possibile per farlo rimanere a Roma, tuttavia gli impegni costringono Jacques a ritornare in terra francese, dove s’impegnerà a conquistare incarichi sempre più importanti nell’ambito della sua carriera. Da anni insegue il sogno di diventare membro dell’Accademia del Louvre e nel 1782 riesce a realizzarne diversi: innanzitutto, sposa Marguerite Charlotte Pécoul, una ragazza di 17 anni con un padre influente che le assegna in dote una notevole somma. É quella che serve a Jacques per aprire un atelier al Louvre, con annesso alloggio.
Accademia, atelier e museo: il sogno del Louvre
Qui, con Marguerite, Jacques avrà quattro figli e accoglierà i primi allievi: Fabre, Wicar, Girodet, Drouais, Debret. L’anno successivo, con il dipinto Il compianto di Andromaca sul corpo di Ettore riesce a diventare membro dell’Accademia. Proprio dalle stanze del re arriva l’incarico di realizzare una grande pittura storica, sul tema del duello degli Orazi e dei Curiazi lontanamente ispirato alla tragedia di Corneille, molto popolare in Francia. Per completare il suo progetto, riparte alla volta dell’Italia con la moglie e il suo assistente Drouais. Alloggiano tutti a Palazzo Costanzi, dove ferve il lavoro di stesura della sua tela, Il Giuramento degli Orazi.
Il quadro finisce per avere dimensioni ben più grandi di quanto richiesto dalla commissione reale, per lungo tempo questa generosa iniziativa viene considerata un oltraggio, così come la prima esposizione presso il suo studio romano, prima della presentazione ufficiale al Salon. L’Accademia storce il naso e giudica mediocre l’opera che, invece, dal grande pubblico, viene giudicata un vero e proprio capolavoro.
É un quadro di limpida fattura, con colori chiari e contrastati, con una narrazione che si divide in due parti: a sinistra gli Orazi, tre fratelli che prestano giuramento per difendere la patria e i propri familiari, al centro giganteggia la figura del padre che tiene in pugno le tre spade che dovranno affrontare temibili scontri. Il padre, ovvero la patria, il legame con la propria terra, fa da baricentro all’intero racconto, il suo sguardo sembra invocare il cielo e l’aiuto degli dei, ma la sua inclinazione ci riporta alla scena che si svolge alle sue spalle, dove un gruppo di donne piange per la partenza dei tre prodi: sono la mamma, la sorella e, probabilmente, una delle spose degli Orazi, affrante dal dolore di una possibile futura morte. Una di loro, infatti, quella che cinge due bimbi con il suo mantello, è un’umanissima figura vestita a lutto, la raffigurazione di una Madonna che è consapevole del sacrificio del proprio figlio.
Il dipinto cattura gli animi turbolenti dei cittadini francesi dell’epoca: ricorda i fasti della Repubblica Romana, il rigore morale di quella stirpe, la difesa estrema della patria quale valore affettivo e dovere sociale. Pur non presentando intenzioni rivoluzionarie, il quadro verrà considerato, di lì a poco, una bandiera della Francia repubblicana.
Allo scoppio della rivoluzione, Jacques Louis David è impegnato nella stesura di altri quadri che lo renderanno sempre più famoso e ambìto negli ambienti di corte. Ma in lui comincia a maturare l’idea della liberazione dall’antico e dalle prepotenze dell’aristocrazia. L’Accademia Reale faceva parte di una di quelle prepotenze, dal momento in cui precludeva l’esposizione al Salon a tanti artisti bravi ma non accademici.
Gli Accademici Dissidenti
Nasce così il gruppo degli Accademici Dissidenti di cui David è uno dei massimi esponenti. Nel 1790 presenta all’Assemblea la proposta di abolizione dell’Accademia reale e di tutte le accademie. La ottiene tre anni dopo. Purtroppo, la moglie Charlotte non vede di buon occhio la sua posizione di rivoluzionario, essendo lei fondamentalmente monarchica, perciò chiede ed ottiene la separazione.
Da quel momento in poi, David intensificherà la sua attività artistica: provvede a realizzare un inventario delle opere d’arte più famose di Francia e ad organizzare il Museo del Louvre. É proprio del 1793 un’altra sua opera famosa: Marat assassinato o Morte di Marat.
Jean Paul Marat è un medico rivoluzionario, che ha passato gli anni precedenti e successivi alla rivoluzione francese a propagandare gli ideali di libertà e uguaglianza, cercando di coinvolgere il popolo parigino, anche dando fondo alle sue personali finanze. Ma il popolo dimostra di non avere ideali o di non condividerli pienamente: difficile quando si ha a che fare con la povertà e la necessità di sfamarsi giornalmente.
Per questo, l’ennesimo atto di generosità da parte del medico, un prestito nei confronti di una popolana, diventa il suo strumento di morte: la ragazza che va a ritirare l’assegno presso la sua abitazione lo uccide con il fendente di un pugnale al petto mentre è intento a fare uno dei suoi quotidiani bagni caldi per liberarsi dai reumatismi. Marat giace riverso sul bordo della vasca mentre la sua mano stringe la penna usata per scrivere una cordiale lettera indirizzata alla madre della sua stessa assassina.
Il dipinto è caratterizzato da uno sfondo scuro, in stile caravaggesco, così come quella luce radente e la posizione del corpo di Marat sembrano imitare la Deposizione di Caravaggio (custodita presso la Pinacoteca Vaticana). Ma c’è anche un altro riferimento artistico ben leggibile, quel braccio compresso sul bordo sembra proprio quello del Gesù della Pietà di Michelangelo Buonarroti (presso la Basilica di San Pietro, Roma).
L’arma è ancora ben visibile sul pavimento e fa da contrappunto alla penna di piuma d’oca ancora sollevata. La cassetta di legno, che indica anche il grado di povertà in cui il medico versava in conseguenza della sua generosità, riporta la dedica dell’amico pittore.
“Non eravamo abbastanza virtuosi per essere repubblicani”
Sono anni turbolenti, in cui le parti moderate della rivoluzione (i realisti) si scagliano contro le parti estremiste (i sanculotti), Robespierre ne fa le spese e anche David viene incarcerato. Ma in molti si mobilitano in sua difesa, persino la moglie Charlotte, che lo risposa nel 1796.
A riportare la pace e la moderazione in terra di Francia penserà Napoleone, con un colpo di Stato così commentato da David: «Avevo sempre pensato che noi non eravamo abbastanza virtuosi per essere repubblicani». Da allora si schiera con il generale francese e diventerà anche uno dei suoi artisti preferiti. Tuttavia, rifiuterà l’incarico ufficiale di pittore di governo.
Il triste esilio in Svizzera e in Olanda
Dopo il clamoroso ventennio napoleonico, David ha parecchie difficoltà a farsi accettare dal nuovo governo per il suo passato da rivoluzionario prima e da bonapartista poi, perciò è costretto ad emigrare in Svizzera.
Nonostante la sua veneranda età è un artista in continua produzione, ma i continui viaggi ne minacciano la salute, finché nel novembre 1824 non viene investito da una carrozza a Bruxelles (allora appartenente all’Olanda).
L’anno successivo è colpito da una paralisi alle mani e, un mese dopo, muore, nel dicembre del 1825.
Il suo cuore viene tumulato a Parigi, mentre la sua tomba si trova al cimitero di Père Lachaise, insieme alla moglie Charlotte, che lo raggiungerà qualche mese dopo.
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