Il Futurismo, avanguardia artistica fondata in Italia da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, diventa in breve tempo uno dei maggiori movimenti culturali della prima metà del Novecento. La sua continuità viene interrotta dalla prima guerra mondiale, allorquando buona parte degli esponenti si disperde (Boccioni muore nel 1916, proprio in guerra, Carrà, Sironi e Morandi diventano surrealisti).
Motivo di decadenza della corrente futurista
In realtà, ad accelerarne la decadenza è il fascismo, che lo integra nella sua ideologia come espressione d’arte piena di vitalità e forza virile. Il Futurismo, nato contestatario per sua natura, diventa parte integrante del sistema di regime. Di conseguenza, qualcuno ne prenderà le distanze sia allora sia in tempi successivi solo per una nascente e spontanea avversione al fascismo. La critica inglese negli ultimi venti anni ha rivalutato questo movimento artistico, fino a renderlo familiare anche agli occhi degli italiani.
Il Futurismo comprendeva diverse arti, dalla poesia alla musica. Alla base, rifiutava il concetto di arte accademica cioè quell’arte vissuta all’interno delle scuole o confinata nei musei. Al contrario, promuoveva la velocità in luogo della lentezza (mentale e fisica) ottocentesca, il progresso in luogo delle antichità, l’atto di forza in luogo della riflessione.
Il Manifesto futurista
Tutte le caratteristiche del movimento sono elencato nell’ormai famoso Manifesto del Futurismo, pubblicato da Marinetti sul giornale parigino “Le Figaro” il 20 febbraio del 1909. Questi gli undici punti con i princìpi del movimento:
Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l’entusias9co fervore degli elementi primordiali.
Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
Il progresso futurista
Da tutto ciò emerge come il Futurismo abbia uno stretto legame con il progresso, sintetizzato nell’uso della macchina d’acciaio, frutto della tecnica industriale di fine Ottocento. Fra i maggiori protagonisti del movimento: Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà.
Questi sono anche i firmatari del manifesto della pittura futurista, siglato l’11 febbraio del 1911.
L’obiettivo degli aderenti è quello di abbandonare la staticità dell’espressione artistica per esaltare la rapidità del movimento, le vibrazioni delle persone, degli oggetti, degli animali:
“un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari”.
I colori nel Futurismo
Importante è la posizione espressa dai futuristi intorno ai colori: “il complementarismo congenito è una necessità assoluta nella pittura, come il verso libero nella poesia e come la polifonia nella musica”.
I colori, dunque, devono essere complementari per esprimere una sensazione di dinamicità pura.
In questo, il Futurismo potrebbe accostarsi al Cubismo, visto come scomposizione di immagini reali rimontate in diverse forme.
A differenziarli, tuttavia, è il ricorso che il Futurismo fa alla velocità, al tempo che scorre senza mai fermarsi.