Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico

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Nel cuore del secolo XV, Firenze mantiene un primato indiscutibile in campo artistico. Cambiano però i committenti: adesso gli uomini più potenti della città sono i grandi mercanti e i banchieri, non più i nobili e i detentori di cariche pubbliche. Un banchiere di nome Cosimo il Vecchio, appartenente alla famiglia Medici, fu signore della città dal 1434 al 1464.

Gli artisti della prima metà del secolo sono ancora artigiani ed operano nelle botteghe, ma godono di una buona autonomia intellettuale.


Beato Angelico

Giovanni Pietro da Fiesole, meglio conosciuto con il nome di Beato Angelico, è un frate domenicano, nato a Vicchio del Mugello nel 1395. Esercita l’attività di pittore inizialmente presso il convento di Fiesole, poi presso il Duomo di Orvieto e il Vaticano. Le sue opere sono di soggetto e destinazione esclusivamente religiosa. Muore a Roma nel 1455, all’età di 60 anni.

La formazione

L’ambiente conventuale è il luogo di formazione del nostro artista e tutte le sue opere sono pervase da un potente fervore religioso e da un penetrante misticismo. In un affresco del Convento di San Marco, raffigurante un’Annunciazione, l’architettura esprime il rigore del luogo (come in Giotto), ma lo spazio aperto mette il chiostro, dove si mostra l’evento, a diretto contatto con la natura. Perché la luce e ogni elemento sono creazioni di Dio. Ecco perché l’Arcangelo ha le ali colorate e il suo corpo non ha ombra, come invece sembra avere quello terreno della Madonna.

Annunciazione, 1425-28 circa, Madrid, Museo del Prado.

La vegetazione dipinta dall’Angelico è di straordinaria fattura, non solo per la varietà di piante e fiori considerate, ma anche per la resa coloristica che possiamo associare alla perfezione stilistica che raggiungerà il suo assistente Benozzo Gozzoli, con un effetto così naïf da sembrare contemporanea. Anche la volumetria delle figure è ben calibrata e di matrice giottesca, nonché masacciana, così come le architetture, così nitide, perfette, regolari, prospettiche. L’annunciazione dell’arcangelo Gabriele è affiancata alla cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, monito per i peccatori e per i novizi del convento: il peccato originale sarà, infatti, cancellato dal futuro figlio di Dio, Gesù. È, dunque, una scena salvifica, in cui i colori, il tripudio della natura fruttifera e floreale e le affascinanti sembianze dei giovani personaggi esaltano la bellezza della vita che Dio, attraverso il suo fascio di luce, consegna ad ogni nascita. Così l’architettura si fa cielo stellato e assume i colori del mantello della Madonna, così l’arcangelo indossa un vestito setoso e decorato. È il trionfo dell’ingegno umano, una piccola porzione del divino.

Le opere

Nella Deposizione della Croce (per Santa Trinita, oggi al Museo di San Marco), la morte di Cristo non è un evento drammatico per l’artista: è la piena volontà divina che esprime un cambiamento, una rinascita. Per questo il paesaggio è ridente, primaverile. A destra della croce, un gruppo di dotti discute sui simboli della Passione, a sinistra un gruppo di pie donne onora la salma. La religione è questa: c’è chi la intende con l’intelletto, chi con il cuore. Comunque sia, essa si svela agli uomini nella sua perfezione geometrica.

Deposizione dalla Croce, tempera su tavola, 176 × 185 cm – Firenze, Museo di San Marco.

Nella Trasfigurazione, custodita presso la cella sesta del dormitorio del Convento di San Marco, l’iconografia religiosa classica si trasforma in messaggio diretto. Cristo con le braccia aperte è anche croce, ancora più illuminante su uno sfondo bianco a forma di mandorla. Affianco, un frate domenicano in meditazione rivela che questa è la visione dei misteri secondo le regole dell’Ordine. Ai piedi del Cristo solo uomini di fede, niente natura o storia perché i monaci non hanno bisogno di questi intermediari. È la lezione di Giotto.

Beato Angelico, Trasfigurazione di Cristo, 1438-1440, affresco, 189×159 cm, Museo nazionale di San Marco, Firenze.

Il Beato Angelico è il primo religioso umanista, non per niente è chiamato in Vaticano dal primo papa umanista: Niccolò V. Inizia un nuovo percorso per la Chiesa cristiana rinnovata.
Gli affreschi del Beato Angelico per la Cappella Niccolina testimoniano la nuova via intrapresa dalla Chiesa: accogliere i poveri presso la propria sede e ristorarli, come rivela l’affresco dell’ Elemosina di S. Lorenzo. I tessuti e le architetture sono indice della creatività umana, non di sfarzo.

Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, San Lorenzo distribuisce le elemosine, 1447-1448, affresco, 271×205 cm, palazzo Apostolico, Vaticano.

Dopo quest’esperienza, l’Angelico ritorna al convento di S. Marco. La sua pittura, ricca dell’incontro con altri pittori come Piero della Francesca, è più nitida, dotata di prospettive più armoniche e regolari. Diventa anche più scarna di decorazioni: è il segno di un ritorno all’evangelismo, ai costumi poveri ed incorrotti che la borghesia fiorentina aveva ormai del tutto abbandonato. Da qui il Savonarola prese la sua posizione per schierarsi contro i Medici, gli sfarzi, i facili costumi, la corruzione dilagante. La sua voce sarà soppressa nel sangue.


 

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