Donato de’ Bardi, detto DONATELLO (1386-1466)
Il felice rapporto che Masaccio ha con la storia lo ritroviamo anche in Donatello. Per Donatello la storia non è solo magistra vitae ma è la vita stessa, è la virtus degli antichi e la humanitas dei contemporanei.
Le statue che Donatello scolpisce sono perfettamente integrate con il presente, vive, reali. In questa straordinaria ricerca del vero sta l’importanza di Donatello nella storia dell’arte, perché è questa straordinaria intuizione a permettere l’uscita dall’Umanesimo per dar vita al Rinascimento.
La trasferta romana compiuta negli anni fra il 1402 e il 1404 insieme al più anziano Brunelleschi, fu determinante per lo studio dell’ “antico”. I due artisti, infatti, riprodussero i resti romani che si presentavano loro durante la visita della città eterna, recuperando anche qualche pezzo ancora sepolto.
Il classico non è imitazione
Il classico per Donatello è un linguaggio da interpretare non più da imitare. Lo vediamo nel Crocifisso ligneo di Santa Croce a Firenze: Cristo è un uomo dalle proporzioni non regolari, brevilineo, con braccia poderose. Brunelleschi, fedele compagno di Donatello, lo rimprovera per aver messo sulla croce un contadino.
E’ la lezione-base per la formazione di Masaccio. I temi classici ritornano nel David e nel San Giorgio, figura intrepida e scomposta la prima, quanto austera e composta la seconda.
La luce e le tenebre: i bassorilievi di Donatello
La soluzione tecnico-stilistica che integra le sculture donatelliane con la realtà è la nuova luce: l’artista è capace, in pochi centimetri, di trovare incredibili profondità e chiaroscuri tali da far vibrare la figura immersa metà nelle tenebre, metà nel chiarore. Troveremo il giusto corrispondente di questo difficile stile nella pittura seicentesca di Caravaggio.
Da notare la soluzione stilistica del bassorilievo ai piedi del San Giorgio: quanta vitalità l’artista riesca a concentrare in uno spazio ben circoscritto, grazie a un sapiente uso della prospettiva, al gioco di simmetrie (un edificio classico, lineare e razionale a destra; l’antro irregolare e irrazionale a sinistra; giusta la contrapposizione tra la principessa [il bene] e il drago [il male]) interrotto dall’arrivo prepotente del San Giorgio a cavallo, dello sfondo naturalistico, appena accennato ma anche per questo tanto evanescente quanto ardito.
Lo studio della luce porta Donatello ad aumentare l’effetto scenico nei bassorilievi. Il banchetto di Erode, formella in bronzo del fonte battesimale del Battistero di Siena, è l’esempio più evidente di come l’artista riesca a rendere una serie quasi infinita di dimensioni: c’è un primo piano fortemente drammatico con la scena della testa di Giovanni Battista servita su un piatto d’argento, scena vibrante e concitata, resa ancora più viva dal fittissimo gioco delle vesti e dal brunito del bronzo, nel secondo e nel terzo piano le immagini si fanno più larghe e aperte per accogliere più luce possibile e spingere il nostro sguardo oltre, nella storia del Cristianesimo e dell’uomo, oltre l’evento e la dinamica dei fatti.
Donatello riesce in pochi tocchi ad immortalare il momento in cui l’evento diventa mito: così nel banchetto di Erode il volto del Battista si duplica sia per dare una dimensione cronologico-spaziale alla prospettiva sia per sottolineare la grandezza del personaggio, quasi a dire: “c’è altra gente onesta come Battista nella storia dell’umanità: la continuità delle sue buone azioni è assicurata”.
L’uscita dell’eroe dalla storia: il mito secondo Donatello
Nel David del Bargello il mito cresce, supera la storia, trascende la verità: il David è un giovane ragazzo dalla muscolatura appena definita, il cui braccio tiene a stento in piedi una spada, il cui sguardo languido e lo scatto dell’anca ne indicano la natura apollinea, quasi effeminata. Il piccolo uomo che abbatte il gigante, l’astuzia contro la forza, non più David contro Golia.
La storia è dentro di noi, la verità sta nel passato, nel presente vive l’idea, il mito.
Proviamo a concentrarci sul dettaglio del volto: noteremo il ritorno a un linguaggio classico, il volto di un moderno dio greco incastonato in un corpo di impronta ellenistica, che sa di decadenza e di realtà spogliata dalle sue orrende finzioni.
La compostezza della maturità
Infine, analizziamo una delle ultime opere di Donatello, la Maddalena penitente, realizzata in età matura, evidenzia la potenza della fragilità e della maturità: il volto e il corpo decadente sono l’imprescindibile evidenza fisica del senso di vuoto che accompagna la vita umana e, al tempo stesso, la somma della sua esperienza. Tanto più è scarnificato quel volto, tanto più è profonda l’entità della sua ferita e del suo dolore, del suo essere donna, tanto più è elevato il significato della sua esistenza e della sua prova terrene.
A corollario di questa sua apparente trasandatezza, è descritta una bocca sdentata, dei capelli scomposti che si confondono con gli stracci di cui è vestita, da dove emergono braccia e mani, gambe e piedi scheletrici e filiformi.
Maddalena perde la sua proverbiale bellezza per raggiungere lo stadio più consapevole di conoscenza e di rivelazione. Paradossalmente, è più donna di quanto non lo fosse prima, quando le sue forme e le sue vesti esprimevano solo la superficie della verità umana: la fisicità e la sensualità, ovvero elementi che, per quanto soddisfacenti, allontanano da una visione distaccata del mondo e dalla libera dimensione della propria esistenza.